
Lei è Alexandra. Vive ad Amburgo, in Germania. Ha 4 anni. Corre per casa, urla, pesta i piedi, non ci vuole andare all’asilo con le trecce! Mamma, io sono un maschio, lo vuoi capire o no! Getta nella spazzatura gonne e vestiti, pretende che tutti lo chiamino Alex. Cresce, va in vacanza a Venezia. Per la prima volta si trova davanti una gondola. È bellissima. Alex accarezza il legno, lo annusa, si abbandona al dondolio. È in pace con il mondo. Compie 30 anni, si trasferisce in laguna. Scende dal treno, ferma il primo gondoliere. Come si fa a diventare uno di voi? L’uomo lo squadra da capo a piedi. Stai alla larga, non abbiamo posto per quelli come te. Alex stringe i pugni. C’è un esame da superare, lavora finché riesce a permettersi una gondola. Resta seduto ad ammirarla per ore. Studia, fa tanta pratica, all’esame ridono di lui. Si becca il punteggio più basso. Vattene! Alex non demorde. Viene bocciato un’altra volta. Gira per i canali, riceve insulti di ogni tipo, una notte qualcuno lo aggredisce alle spalle e lo riempie di botte. Alex si rifugia sulla sua gondola, voga per ore, è l’unico posto dove si sente libero. Decide di mettersi in proprio. Lavora per gli hotel più rinomati, mostra con orgoglio ai turisti le bellezze della città. È felice, e pronto a fare il grande passo. L’operazione è dolorosa, una volta tolte le bende, Alex guarda il suo corpo e piange di gioia. Passano gli anni, Alex fa il gondoliere a tempo pieno, ma gli insulti non si placano. Qualcuno lo accusa di essere un lavoratore abusivo, sta rovinando il buon nome della categoria. Alex lotta, si aggrappa con le unghie e con i denti alla sua gondola, carne della sua carne. Ma a un certo punto gliela strappano via, multa e sequestro. Oggi Alex ha 55 anni, ha lasciato Venezia, ma si considera un gondoliere a tutti gli effetti. Conta i giorni, non sa quando potrà riaverla, ma è fiducioso. Crede nei giovani, nella loro empatia, nella capacità che hanno di abbracciare le diversità. Sono le uniche armi per creare un mondo migliore.