Ha perso il fratello Marco, un uomo di 47 anni, in buona salute, allenato, abituato alle corse in solitaria.
Stava facendo jogging nel parco del Ticino, sembra che abbia avuto un’aritmia cardiaca.
L’uomo che gli ha prestato soccorso era un pilota inglese in vacanza.
Ha chiamato il 112, ma ha detto che non riusciva a comunicare perché l’operatore non parlava la sua lingua. Ci sono voluti diversi minuti prima che trovassero qualcuno grado di capirlo.
A quel punto i soccorsi sono arrivati, ma non c’è stato niente da fare.
È passato un anno, il caso è stato archiviato come morte naturale.
Francesco non vuole puntare il dito contro nessuno, ma di una cosa è certo: gli operatori che si occupano di soccorso, devono conoscere l’inglese.
“Mio fratello stava facendo jogging, si è sentito male all’improvviso.
Un uomo si è fermato per aiutarlo: era un pilota inglese, si trovava lì per caso.
Ha chiamato il 112, ma non riusciva a farsi capire, la conversazione con l’operatore è durata parecchi minuti.
Chi ha risposto non parlava mezza parola d’inglese.
Intanto l’uomo ha provato a prestare il primo soccorso, ma il battito cardiaco era passato da 160 a zero in pochissimo tempo.
Dopo alcuni minuti al telefono, finalmente gli hanno passato qualcuno in grado di comprendere la sua lingua.
Mio fratello è morto per cause naturali, non ci sono dubbi, ma i soccorsi sono arrivati tardi.
Forse non sarebbe cambiato nulla, ma il dubbio rimane.
Gli operatori che rispondono al telefono l’inglese devono saperlo, punto e basta”.