Lei è Krysta. Ha 23 anni. Vive negli Stati Uniti insieme al compagno Derek. Desidera diventare madre più di ogni cosa. Finalmente il test di gravidanza è positivo. Krysta si accarezza la pancia, la osserva crescere ogni giorno. Non vede l’ora di stringere la sua Riley fra le braccia. Supera il quarto mese. Fa una visita di controllo, la dottoressa ha le lacrime agli occhi. Mi dispiace, sua figlia ha una grave malformazione, non sopravviverà più di mezzora dopo la nascita. Krysta non riesce a crederci. Aveva già perso un figlio. Ricorda il dolore, l’impotenza, il senso di vuoto. La mettono davanti a due soluzioni. Abortire, oppure portare a termine la gravidanza e donare gli organi. Krysta boccheggia, è in un vicolo cieco. Piange giorno e notte, condivide quel macigno con il compagno. Si stringono, valutano tutte le opzioni, poi si guardano negli occhi. Non possono permettere che altri genitori provino lo stesso dolore. Krysta prende la decisione più difficile della sua vita. Sceglie di portare comunque avanti la gravidanza. Giorno dopo giorno, Riley cresce dentro di lei. Krysta le parla, l’accarezza, cerca di trasmetterle tutto il suo amore. Arriva il giorno del parto. Krysta è straziata. Appena stringe la piccola fra le braccia, si sente piena, completa. Finalmente è mamma. La sua bambina è bellissima. Krysta non la molla un attimo. Riley è forte. Sopravvive per una settimana intera, poi stringe il dito di Krysta e vola in cielo. Krysta si sente lacerata, dilaniata. Il dolore è indescrivibile. Dopo qualche giorno i medici la informano che gli organi della sua piccola hanno salvato la vita a due bambini. Krysta guarda quelle famiglie lasciare l’ospedale. Il dolore è forte, ma una luce dentro di lei si accende e le scalda il petto. La sua Riley vive ancora. Vive nei sorrisi di quei genitori che hanno pianto, sperato, e che grazie a lei ce l’hanno fatta.
Mi hanno detto sua figlia non vivrà, se porta avanti la gravidanza potrà donare i suoi organi
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