Lui è Yama. Vive in un piccolo villaggio dell’Afghanistan. Niente corrente elettrica né strade, solo tanta povertà. Il padre lavora a Londra, impiego umile, manda qualcosa a casa ogni mese. Yama ha 7 anni. La madre lo mette sull’asinello e lo porta in città. Figlio mio hai davanti a te un lungo viaggio, vai da tuo padre, non avere paura, ci rivedremo. Yama si aggrappa alla sua veste, non vuole lasciarla, la mamma gli dà un bacio, lo affida a uno zio e si allontana. Yama e quel parente fino ad allora sconosciuto salgono sull’autobus, viaggiano per giorni, arrivano ai piedi delle montagne, poi proseguono a piedi. Yama è stanco, ma non possono fermarsi, i talebani potrebbero catturarli. Trovano riparo in una capanna, mangiano piselli e mais, aspettano che cali il buio e si rimettono in marcia. Freddo, fame, paura, vanno avanti per giorni, arrivano in Iran. Yama è l’unico bambino, si sente perso, non capisce, cammina e basta, di notte, tra i boschi e le montagne. Ai piedi, solo dei sandali. Passano i mesi. Raggiungono la Turchia. Sono sulla linea di confine. La polizia spara. Yama ha paura, scappa, si rifugia in una casa. Ci sono altri uomini, è il caos. Si ritrova sopra un gommone. Yama alza le mani al cielo, guarda le stelle, prega. Navigano tutta la notte, sbarcano in Grecia. Lo infilano dentro un camion merci, che finisce nella pancia di una grande nave. Resta nascosto, al buio, tra le onde, per giorni. Apre gli occhi, c’è una luce, degli uomini, sono dei poliziotti. Scopre di essere arrivato in Italia. Il viaggio è terminato. È passato un anno, ha percorso settemila chilometri. È solo, in un paese sconosciuto, senza la mamma, e troppo lontano dal papà. Si butta a terra, piange disperato. Finisce in una comunità, ci resta qualche mese, viene accolto in casa da una famiglia marchigiana. Il tempo passa. È il 2019. Yama ha 22 anni, studia, fa volontariato, ha una nuova mamma e un nuovo papà. Squilla il telefono. Sono i suoi veri genitori. Yama non riesce a credere alle sue orecchie. Dopo qualche mese, vengono a trovarlo, si riabbracciano, piangono. Ciao mamma, ciao papà, io rimango qui, la mia vita ormai è in Italia.
Lui è Yama
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