Lui è un ragazzo. Viene avvistato da un cacciatore nel bosco dell’Aveyron, in Francia, nel 1797. È nudo, cammina curvo, mangia ghiande e radici. L’uomo prova ad avvicinarlo, lui scappa tra gli alberi. Passano due anni. Il ragazzo sta camminando, due cacciatori gli piombano addosso, lo immobilizzano. Come ti chiami? Lui strabuzza gli occhi. È spaventato, arrabbiato. Non capisce, risponde con dei versi. Gli uomini lo affidano a una vedova, il ragazzo scappa dopo pochi giorni e si rifugia nel bosco. È il gennaio del 1800. Il selvaggio è ricercato da tutti i cacciatori della zona. Lo trovano in un magazzino, ha freddo, è stremato. Lo portato in orfanotrofio. Gli danno un nome. Joseph non parla, fa versi, mangia solo castagne e noci crude. Gli portano una patata, la lancia nel fuoco e la mangia bollente. I medici lo vestono, Joseph si strappa i vestiti. Provano a metterlo a letto, dorme per terra. Cerca di scappare, lo riprendono. Vogliono capire la sua identità. Mettono un annuncio sul giornale, si presentano diverse coppie, nessuna lo riconosce. Lo trasferiscono in un istituto per sordomuti. Un abate lo scruta. Deve avere 13 anni, ha la pelle bianca e sottile, un bel sorriso, è pieno di cicatrici. Ne ha una bella grossa sulla gola, non sembra l’attacco di un animale, ma il taglio di un coltello. Forse chi lo ha abbandonato ha cercato di ucciderlo. Si fanno avanti un medico e la sua governante, vogliono prendersi cura di lui. Il medico lo chiama Victor. Ha un obbiettivo, renderlo una persona civile. Cerca di educarlo, insegnargli a leggere, scrivere, a stare in società. Victor impara a esprimersi con le azioni, associa le parole agli oggetti. Non va oltre. Rifiuta tutto il resto. È felice solo quando guarda la luna, quando si arrampica sugli alberi. Lui vuole il bosco. Scappa di nuovo. Lo riportano indietro, Victor guarda la governante, sta piangendo perché ha perso il marito. Si getta su di lei, lancia grida di gioia. Le sorride, la abbraccia. Rimane con lei tutta la vita.
Lui è un ragazzo
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