Lui è Tom. Nasce a Concord, in California, nel 1956. Il padre è uno chef, la madre fa l’infermiera. Tom ha 4 anni. I genitori divorziano. Il padre fa le valigie, Tom e i fratelli lo seguono. Crescono abbandonati a loro stessi. Il padre esce la mattina presto e rientra tardi. Papà ma come facciamo da soli? Arrangiatevi! Detto fatto. La casa è un disastro. Vestiti ovunque, televisione sempre accesa, piatti e padelle incrostate. Tom ha fame, prende il pentolino con la zuppa di pomodoro bruciata e se la mangia. Passa qualche anno. Il padre di Tom si risposa, prende i figli e cambia casa. Ci restano qualche mese, poi si trasferiscono, una volta, due. Tom cambia scuola di continuo, non ha il tempo di farsi degli amici, per fortuna gli piace studiare. L’unica insufficienza la becca in Chimica. L’insegnate lo grazia solo quando lo vede alla recita scolastica. Tom ama inventare storie. Prende il cappello del padre, qualche vestito e si traveste. Ha 10 anni. Tom cambia casa per l’ennesima volta, non ne può più. È arrabbiato. Con la madre che vede solo ai compleanni. Con il padre che non si prende mai il disturbo di chiedergli come si sente. Si rifugia nella fantasia, scrive, legge, recita, anche in classe. Davanti ai compagni fa il buffone, ma dentro il suo cuore c’è un buco nero. Passano gli anni. Tom si diploma. Assiste alla recita di un amico, ne resta folgorato. È la sua strada. Si iscrive a recitazione. Ha 21 anni. Entra in una compagnia teatrale, conosce una ragazza, la sposa. Nel giro di un anno diventa papà. Niente alcol, niente droga. Feste manco a parlarne, l’unica cosa a cui non rinuncia è il teatro. Debutta in televisione, poi al cinema. È una star. È il 1988. Tom divorzia e sposa Rita. Con lei ho capito che non sarò mai più solo. È il 12 marzo del 2020. Tom Hanks lancia un tweet. Io e Rita siamo in Australia. Eravamo stanchi, un po’ di febbre, abbiamo fatto il test al coronavirus, è positivo. Non sottovalutate i rischi, tenete duro, e ricordatevi che non si piange nel baseball, Hanx.
Lui è Tom
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