Lui è Sean, ha 40 anni, vive a Dublino. Ama viaggiare. Gira il mondo con lo zaino in spalla. A un certo punto arriva in Italia, mette un piede a Roma e non si muove più. È rimasto stregato. Si crea un lavoro, apre una agenzia di viaggi. È il 2013. Sean sta parlando con dei clienti. Squilla il telefono. È Mary, sua madre. Riaggancia, non è il momento. Tempo qualche secondo e riparte la chiamata. Sean alza gli occhi al cielo, si scusa. Pronto mamma, cosa c’è, sono occupato. Sente una voce maschile. Buongiorno, sono il medico, volevo informarla che la signora non sta bene, l’Alzheimer è peggiorato. Sean sente la terra tremare sotto i piedi. Pianta tutto in asso e vola a casa. Sua madre non parla, non cammina, non lo riconosce nemmeno. Sean le stringe la mano, piange. Fa avanti e indietro dall’Italia, la accudisce come può, ma la madre peggiora a vista d’occhio. Il resto della famiglia non può prendersi cura della donna. Qualcuno avanza una proposta. Potremmo metterla in una casa di riposo. Sean si sente gelare. Chiude gli occhi, la sua intera vita gli scorre davanti come un film, rivive i momenti belli ma anche quelli difficili. Lei c’era, c’è sempre stata e ci sarà sempre. Sean prepara lo zaino, ci mette l’essenziale, poi chiama la mamma. Andiamo, si parte per un bel viaggio. Volano in Nepal, attraversano la foresta, si fermano nei villaggi. Gli occhi di sua madre si riaccendono, brillano. La donna si agita sulla carrozzina, ricomincia a parlare, fa domande, è curiosa. Sean la osserva estasiato e felice, e non riesce a trattenere le lacrime quando si alza in piedi per abbracciare dei bambini che la chiamano nonna e le pettinano i capelli. Passano due mesi. La vacanza non è finita. Si va in Italia, a Roma, poi in Umbria, e di nuovo in volo verso il Sudafrica, dove la mamma ride come una bambina mentre gioca con la sabbia. Poi si gira verso Sean per pronunciare delle lucenti parole d’amore. Grazie papà. L’ultima tappa del viaggio è in Paradiso, Sean l’ha accompagnata fino alla porta.
Lui è Sean
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