Lui è Ruben. Vive a San Giovanni Valdarno, in provincia di Arezzo. Ha 14 anni. È un ragazzo allegro, estroverso, molto legato a Consuelo, sua cugina. Si passano diversi anni, ma quando sono insieme l’età si annulla. È il 23 dicembre del 2019. Ruben ha appena cambiato squadra di calcio. Gli allenamenti serali sono stati spostati al pomeriggio. Si veste, prende la sacca e corre nel centro sportivo. È entrato da poco in gruppo, vuole dare il massimo. Il mister lo incoraggia, chissà forse un giorno potrebbe diventare bravo davvero. È sera. Ruben finisce gli allenamenti, rientra a casa, è stanco, ma vuole andare a salutare la fidanzata. Il tempo di farsi bello ed è già in strada. Il padre gli offre un passaggio. Ruben scoppia a ridere. Assolutamente no! Dalla fidanzata accompagnato da papà? Prende il motorino e parte. Percorre pochi chilometri, fa una curva buia, stretta. Vede dei fanali, una macchina lo prende in pieno. Lo schianto è fortissimo. Ruben vola a terra. Batte la testa, il casco si spacca. Buio. Un’auto si ferma, ha visto tutto, l’autista è un medico, si precipita. Ruben è in arresto cardiaco. Il medico gli pratica il massaggio. Niente. Insiste. I minuti passano, il cuore di Ruben ricomincia a battere. Lo portano in ospedale. Arrivano mamma e papà. Ruben è in coma. Il padre si mette le mani tra i capelli, urla, si maledice per non averlo accompagnato. I medici lo operano al cervello, riescono a stabilizzarlo, ma Ruben non si sveglia. Possono solo aspettare. È il giorno di Natale. La famiglia è al suo fianco, poco alla volta la sua stanza si riempie di amici, compagni. Saranno un centinaio di persone, cantano tutti insieme le sue canzoni preferite. La musica di Ultimo, il suo idolo, risuona in tutto il reparto. È febbraio. Ruben è ancora in coma. La cugina Consuelo va a trovarlo, non lo molla, lo accarezza, gli parla. Ruben muove la mano, un piede, spalanca gli occhi. Per i medici sono reazioni involontarie, ma lei è sicura. Ruben sente tutto. È un leone, e non smetterà di lottare.
Lui è Ruben
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