Lui è Riccardo. Vive a Busto Arsizio, in Lombardia. Ha 7 anni. In televisione c’è un uomo che volteggia sugli anelli, si chiama Jury Chechi. Riccardo sgambetta per casa entusiasta. Mamma, guarda cosa so fare. Improvvisa una spaccata, salta sulle sedie, fa una giravolta. I genitori non riescono a tenerlo fermo. Tesoro, stai dicendo che vorresti fare ginnastica? Riccardo è già in palestra. Si diverte un mondo, non salta un allenamento, ben presto partecipa a una gara e vince la sua prima medaglia. Sale sul podio, gonfia il petto, si sente una tigre. Anche a scuola sa il fatto suo. Nessuno resiste alle sue battute, i compagni se lo litigano, nel weekend la sua casa è un andirivieni di bambini. È pieno di interessi, ha grinta da vendere. Ogni tanto qualcuno pensa di mettere a sedere il suo entusiasmo colpendolo alle spalle con quella parola che Riccardo conosce bene. Sì, gliel’hanno spiegato in tutte le salse cos’è la sindrome di down, come gli hanno detto che non potrà fare questo, né quest’altro. Ogni volta, Riccardo fa una bella pernacchia e sfodera gli artigli. Ha 14 anni, va in montagna con la famiglia, il padre indica gli sci. Te la senti di provare? Riccardo sorride. È una sfida? Il suo ruggito di vittoria risuona sulle piste. Blu, rosse, nere, viene giù che è una meraviglia. Prende il diploma al Liceo Artistico, intanto fa incetta di titoli ai Mondiali di Ginnastica, un oro alle parallele, un argento al cavallo, un bronzo agli anelli. Non pago, punta dritto l’auto di famiglia. Si è messo in testa di guidare e non c’è santo che tenga. In poco tempo porta a casa la patente. La usa per andare al lavoro in farmacia, poi in palestra, qualche vasca in piscina, una pizza con gli amici, e già che c’è dà una mano anche alla Croce Rossa. Adesso Riccardo ha 23 anni, vuole andare a vivere da solo, partecipare alle paralimpiadi e trovarsi una ragazza. Niente lo spaventa. E ogni volta che qualcuno si azzarda a pronunciare quella parola, lo polverizza con il suo sguardo di tigre. Osare e credere, sempre.
Lui è Riccardo
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