Lui è Pierpaolo. Nasce a Catania nel 2017. Pierpaolo e la sua gemella vengono al mondo prima del previsto. Sono sani, ma devono stare nell’incubatrice. Pierpaolo ha solo 18 giorni. Prende un’infezione. Lo operano alla testa, una, due volte, fanno di tutto, ma non ottengono nulla. Pierpaolo subisce 13 interventi, l’ultimo è il più brutto. I medici lo danno per spacciato, c’è solo l’uno per cento di possibilità che sopravviva. Pierpaolo lotta con tutte le sue forze e vince la sua battaglia. È vivo, ma le conseguenze sono pesanti. È cieco, non muove né gambe e né braccia. I genitori si rivolgono a un avvocato, vogliono capire se l’infezione presa in ospedale è dovuta a negligenza medica. Intanto Pierpaolo torna a casa e inizia la riabilitazione. I primi mesi piange disperato, ma poco alla volta muove la manine, afferra gli oggetti, riconosce i suoi giochi. I genitori sono increduli. Il loro bambino è una forza della natura. Un giorno provano a fargli ascoltare la musica, Pierpaolo sorride. È la prima volta. Quella canzoncina diventa la sua preferita, ogni volta che la sente, sgambetta. Passano i mesi. Pierpaolo fa passi da gigante, tiene su la testa da solo, interagisce con i genitori e con la sorellina. Lei lo prende sotto la sua ala. Si sveglia la mattina e corre dal fratellino. Pierpaolo butta a terra i giochi, lei raccoglie. Pierpaolo piange, lei canta la sua canzoncina per tranquillizzarlo. Grazie alla terapia e all’amore Pierpaolo riesce a fare cose che sfuggono alle previsioni più ottimistiche della cartella clinica. È il 2020. A causa del coronavirus i centri di riabilitazione chiudono. Pierpaolo resta senza cure. Dopo più di due mesi ancora non è dato sapere quando riapriranno, perché al momento mancano le protezioni necessarie. La madre di Pierpaolo è preoccupata. Ha trovato una dottoressa che la aiuta una volta a settimana, ma non basta. Il suo bambino ha lottato per anni, ha fatto enormi progressi, li sta perdendo tutti in pochi mesi.
Lui è Piepaolo
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