Lui è Michele. Nasce a Cortona, in provincia di Arezzo, nel 1983. La madre si trova lì di passaggio, la loro casa è nel quartiere di Rebibbia, a Roma. Michele cresce con i genitori e la nonna pittrice. È un bambino timido, sensibile, un po’ ansioso. Ha 8 anni. È il suo compleanno. Michele scoppia a piangere, sta invecchiando, presto morirà, lo sente. I genitori gli mettono in mano il game boy, Michele si asciuga le lacrime, non lo molla più. Legge fumetti, disegna a più non posso. Vive immerso nel suo mondo di storie, e nessuno lo schioda. Cresce. La madre lo iscrive al liceo francese. Michele è bravo, ma studia controvoglia, disegna, è schivo, quasi invisibile. Ha 15 anni. È in gita scolastica, la sua stanza confina con quella di due compagne, una è il suo amore segreto. Michele si attacca al muro, ascolta le conversazioni. Fanno la classifica dei maschi della classe. Ha il terrore di quando arriverà il suo turno. I nomi finiscono, e io? Lo liquidano in tre parole. Almeno sa disegnare. Michele si butta sul letto, ecco, è proprio così che si sente. Finisce il liceo, tenta la fortuna nella facoltà di Lingue, ma dura poco. Salta le lezioni, viaggia in metropolitana per ore, legge, ascolta musica, disegna, si spacca la testa sulla strada da imboccare. Non ne viene a capo. Ci disegna su. Vive di musica punk, centri sociali ed edifici occupati. Lavora in aeroporto, cronometra la durata dei check.-in. Per arrotondare traduce dal francese documentari sulla caccia e la pesca. Molte parole non le conosce, non si fa problemi, le inventa. Con i soldi guadagnati si paga l’affitto e un corso di fumetto. È il 2011. Michele apre un blog. Ogni due lunedì pubblica delle vignette, si firma Zerocalcare. Ha un successo incredibile. Piovono contratti e premi. Zerocalcare è uno dei fumettisti più famosi d’Italia. Michele è incredulo. Si chiude nel quartiere di Rebibbia, la sua oasi, aspetta il giorno in cui tutto il successo scomparirà. Nel frattempo, ci disegna su.
Lui è Michele
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