Lui è Mattia. Nasce a Palermo nel 2004. È un bambino pieno di vita, con un gran senso dell’umorismo. Gioca a pallavolo, trascorre le giornate con gli amici, ascolta musica rap. È il 2015. Ha 11 anni. Mattia si tocca la pancia, è dura come un pallone. Corre dalla mamma, in men che non si dica si ritrova al pronto soccorso. Esami, tac, lo ribaltano come un calzino. Mattia non si lamenta. I medici lo accompagnano in reparto, gli assegnano un letto per la notte. Non potrà tornare a casa con la sua mamma e con il suo papà. Deve stare lì. Mattia si guarda intorno, vede una bambina senza capelli, si gira verso i genitori. Potevate dirmelo che devo fare la chemio. Mamma e papà sono spiazzati. Amore mio, non è detto, domani faremo altri esami. Mattia alza le spalle e si mette a letto. Il padre lo guarda negli occhi. Il suo bambino ha paura, lo vede, lo sente dentro. Darebbe tutti i suoi averi per mettergli sotto il naso il suo piatto preferito, una bella carbonara. Non si può. Passa la notte, il risveglio è una mazzata. Linfoma di Burkitt. I genitori si mettono le mani tra i capelli, Mattia si fa avanti. Posso parlare con il chirurgo? Vuole sapere cosa lo aspetta, senza giri di parole. Sarà dura, niente più scuola, sport, amici, solo ricoveri e chemio. Mattia affronta tutto con coraggio, supera l’intervento, si batte come un leone, il nemico sembra sconfitto. La tregua dura poco, il linfoma ritorna più forte di prima. Mattia ora è stanco, debole, si aggrappa ai messaggi dei compagni e degli insegnanti. All’improvviso viene dimesso, i genitori si mostrano felici, lui non ci casca. Mamma, papà, sto morendo? Loro balbettano. No amore mio, andrà tutto bene vedrai. Mattia li guarda dritto negli occhi. Ma non siete stanchi? È il 2016. Mattia è sul divano, i dolori sono molto forti, non riesce a parlare. Stringe la mano della sua mamma, chiude gli occhi, muore. Gli amici prendono pennelli e colori, scendono in strada, realizzano un grande dipinto. Lo scrivono sui muri. Mattia, eri un grande guerriero.
Lui è Mattia
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