Lui è Mario. Vive a Vercelli, in Piemonte. È un imprenditore edile. Ha fatto fortuna con la ricostruzione, nel dopoguerra. Mario è un uomo attento a quello che succede intorno. Sente il cuore pulsante del Paese che ricomincia a vivere, avverte la sua voglia di spensieratezza. Di libertà. Gira l’Italia, si innamora di Consonno, un borghetto vicino Milano con un panorama bellissimo. Mario è folgorato. Non vede il borgo, vede il sogno. Sono gli anni Sessanta. È il boom economico. Mario decide di costruire a Consonno una città dei balocchi da donare all’Italia. Vuole un posto che trasudi divertimento, dove sfogare tutta la sua immaginazione. Niente più autostrade, ma edifici medievali, luoghi che permettano di viaggiare stando fermo. Mario compra tutto il paese. Lo fa radere al suolo. Su quei cumuli di terra, comincia a erigere il suo borgo dei divertimenti. Riesce a vederlo anche se non c’è. Al posto delle vecchie case spuntano sfingi egizie, cannoni, pagode. Mario è elettrizzato. Cambia spesso idea. Vorrebbe un cannone napoleonico. Anzi no, tiratelo giù. Sogna ancora, non si ferma. Giorno dopo giorno spuntano sale da gioco e da ballo, negozi arabeggianti, persino un minareto. Costruisce il Grand Hotel Plaza, in stile dorico. Alcuni arredi arrivano direttamente da Cinecittà. Il sogno di Mario Bagno diventa realtà. Organizza serate danzanti con i gruppi più in voga dell’epoca. Dai palchi di Consonno passano i Dik Dik, Mina, Celentano. Ospiti famosi trascorrono le serate nella Las Vegas della Brianza. Le luci sono sempre accese nel paese dei balocchi. I cartelli accolgono i visitatori promettendo feste perenni. È il 1976. Una frana distrugge la strada che porta a Consonno. I lavori fatti da Mario hanno distrutto l’equilibrio. Le erbacce cominciano a crescere. Poco a poco, Consonno si svuota. Mario le prova tutte per rilanciare il suo gioiello, ma non ha successo. Il paese dei balocchi però sopravvive in qualche modo. Ha la fama di città fantasma.
Lui è Mario
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