Lui è Marco. Lui è un bambino di Cagliari. Ha una mamma, ma non ha un papà. In realtà lui ce l’avrebbe. Ma il suo papà non vuole saperne di lui. Non lo vuole conoscere. Tutti hanno un papà. Lui non capisce. Lui non gli ha fatto nulla di male. Marco ha sei anni. Ha scoperto che il suo papà ha un’altra famiglia, un’altra moglie, un altro figlio che può sedere sulle sue ginocchia. Marco insiste con la mamma, vuole conoscerlo. La sua cocciutaggine viene premiata. È il grande giorno. Gli hanno detto che passerà a prenderlo da casa e andranno a fare un giro, a mangiare un gelato. Marco si veste di tutto punto, si pettina e si siede sulle scale. È pronto. Mancano due ore all’appuntamento. Lui aspetta. Il papà non arriva. Marco piange, si dispera. Non riesce a darsi pace. Non capisce. Poi si nasconde dentro il caminetto. Passano due anni. Gli dicono che il padre è morto. Marco corre al cimitero. Finalmente può conoscerlo e stargli un po’ vicino. Passano altri due anni. La madre si ammala di tumore. Muore. Marco ha dieci anni. Lo portano a casa dalla zia Sabrina. Lui domanda: e ora dove vado? Piange. Ha paura di finire in un orfanotrofio. Rimane dagli zii, che lo adottano, insieme con il fratello. C’è anche la nonna. Ci sono pure gli assistenti sociali. Loro non vivono con loro, ma arrivano all’improvviso, senza avvisare. Ogni mattina la nonna si raccomanda: tieni in ordine la camera, pulisci il bagno, perché se spuntano quelli, sono guai. Marco cresce, lavora nel salone da parrucchiera della zia. Ha due fidanzate, ma un pensiero fisso. Un mostro che cresce dentro di lui. Marco ha 21 anni. Un ragazzo lo bacia in bocca. Lui rimane immobile. Imbambolato. La notte non chiude occhio. La mattina dopo li apre per sempre. Il ragazzo di Cagliari vince Amici e il Festival di Sanremo. La notizia del suo arresto a Milano per il furto di sei magliette alla Rinascente è finita su tutti i siti, giornali e televisioni. Ma il giudice lo ha rilasciato. Non sarebbe stato lui. Lui è Marco Carta.
Lui è Marco
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