Lui è Luke. Ha un fratello e due sorelle, vivono nella contea di Surrey, non lontano da Londra. È un sabato d’estate del 2000. I quattro bambini sono a casa dei nonni. Giocano a nascondino in un campo di grano attaccato al giardino. Sarah ha 8 anni. Cade, picchia la testa. Non si è fatta nulla di grave, ma vuole tornare a casa. Luke ha 11 anni. Prova a trattenere la sorella. Non ci riesce. Sarah si incammina. Luke continua a giocare con il fratello e la sorella. Passano pochi minuti, Luke, Charlotte e Lee decidono di raggiungere Sarah. Non la vedono. Sono arrivati vicino alla casa dei nonni, notano un furgone bianco. Alla guida c’è un uomo, ha una brutta faccia, uno sguardo che mette paura. L’uomo alza la mano. Saluta. Poi fa un sorriso malizioso, ambiguo. I bambini tirano dritto. Sarah non c’è, non si trova. Nonni, vicini di casa, amici e parenti si mettono alla ricerca della piccola. È sparita. Passano i giorni. La madre di Sarah lascia la porta aperta. Tutte le notti. È convinta che la figlia tornerà, non dovrà bussare. Le ricerche proseguono. Sono passati 17 giorni. Il corpo di Sarah viene ritrovato. È stata violentata e uccisa il giorno stesso della scomparsa. Viene rintracciato e arrestato l’uomo del furgone. Si chiama Roy Whitting, è un pedofilo. Era già stato in carcere per violenza sessuale ai danni di una bambina. Aveva scontato la sua pena ed era tornato in libertà. La famiglia di Sarah non regge l’urto. Si sgretola. I genitori divorziano, il padre diventa alcolizzato. Muore. Luke Payne non riesce più a dormire. Sopravvive in preda ai sensi di colpa. Studia, lavora, si costruisce una vita. Ma quando arriva la notte e resta solo con i suoi pensieri, gli scorre davanti la scena del litigio con la sorella. Si strugge al pensiero che non avrà più la chance di chiederle scusa. Di dirle quanto le voleva bene. Risente le sue ultime parole, la sua voce mentre dice ok Sarah, vaffanculo, vattene pure.
Lui è Luke
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