Lui è John. Vive a Salem, negli Stati Uniti. Ogni santo giorno il padre si sveglia e lo riempie di botte. Ce n’è per tutti, anche per la mamma. John cresce nel terrore. Ha 15 anni. Torna da scuola, trova le auto della polizia davanti alla porta di casa. John ha il cuore in gola, si fa largo tra i curiosi, cerca la sua mamma, arranca, è disperato. Mamma! Che cosa è successo? John la abbraccia, controlla che stia bene. La donna sta piangendo. Tuo padre si è ucciso con un colpo di pistola. John resta lì, impalato. Dolore, rabbia, gioia. Non sa cosa provare. Passano gli anni. John si laurea in Matematica. Beve, ma quando è annebbiato la sua mente viaggia, fa voli pindarici, si perde nello spazio, poi torna sulla terra dove tutto appare più chiaro. Si mette al lavoro, crea un programma in grado di proteggere i computer dai virus. Sono brutti e subdoli, gli ricordano il padre. La sua idea spopola. John McAfee fonda una società, guadagna soldi a palate, poi gli viene a noia. Inaugura un ranch, propone ai clienti un volo su delle cabine sospese in aria da deltaplani. Vola in Belize, produce antibiotici a base di erbe, fabbrica sigari, commercia caffè. La polizia lo becca a letto con una minorenne, John se la dà a gambe. Torna a casa, organizza una festa da sballo nella sua villa piena di cani e bodyguard. Viene accusato dell’omicidio del vicino di casa. John si dice innocente, intanto scappa in Guatemala. Lo arrestano appena atterrato. Finge due infarti in prigione, chiede asilo politico, si salva per il rotto della cuffia. Torna a Miami, decide che l’America ha bisogno di lui. Si candida per la Casa Bianca. Il governo lo accusa di evasione fiscale. John alza le mani. Allora ditelo che ce l’avete con me! Si infila in aereo, fugge in Spagna. Lo catturano in aeroporto e lo sbattono in cella. John si ritrova solo con i suoi demoni, prende un lenzuolo e se lo stringe attorno al collo. La polizia parla di suicidio, ma in rete circola il suo ultimo tweet. Sappiate che se mi impicco, non sono stato io.
Lui è John
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