Lui è Jarrett. Ha 31 anni. Vive in Georgia, negli Stati Uniti. È appassionato di mountain bike. Insieme a un amico inforca la bicicletta e parte per una escursione in montagna. Si fermano in una radura. Jarrett sente dei rumori, c’è qualcosa nel cespuglio. Pensa a una belva feroce, intanto spunta un nasino. È un cagnolino color sabbia, un cucciolo. Jarrett sorride, si avvicina. Il cane gli annusa la mano, Jarrett lo accarezza. L’animale è ferito. È magro, pieno di abrasioni e ha una zampa rotta. Jarrett gli dà uno dei suoi panini e lo fa bere dalla sua borraccia. Poi guarda l’amico. Se il cane resta nel bosco, il suo destino è segnato, morirà di stenti o sbranato da qualche bestia. Non possiamo lasciarlo qui. Già, ma come facciamo a portarlo via? Hanno solo la bicicletta, il primo centro abitato è lontano diversi chilometri. Jarrett non ha tante opzioni. Prende in braccio l’animale facendo attenzione a non fargli male. Il cucciolo non protesta, anzi, lo lecca. L’amico lo aiuta, infila le zampe posteriori del cagnolino nelle tasche della maglietta da ciclista di Jarrett. Quelle anteriori gliele appoggia sulle spalle. Il cagnolino resta immobile, si fida. Jarrett fa un ultimo controllo e parte. Non è facile pedalare per le strade di montagna. Jarrett va piano, più che può. Suda freddo a ogni tornante, se il cucciolo dovesse cadere, sarebbe fatale. Dopo più di mezz’ora raggiunge il paesino. Si ferma davanti a un negozio, respira, ce l’ha fatta. Poggia il cucciolo a terra con delicatezza, lo guarda. Bisogna portarlo da un veterinario. In quel momento passa una donna. Appena la vede, il cane scodinzola, guaisce. Lei è stupita, non ha mai visto quell’animale prima d’ora. Si china, si guardano negli occhi, si scelgono. Mi occuperò io di lui, lo chiamerò Columbo, come la città in cui ci siamo incontrati. Jarrett è felice, Columbo è vivo, e ha trovato una famiglia.
Lui è Jarrett
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