Lui è Iqbal. Nasce a Muridke, in Pakistan, nel 1983. I genitori sono poverissimi. Devono pagare il matrimonio del primo figlio. Si rivolgono a un imprenditore locale. Lui presta alla famiglia 600 rupie, 12 dollari. Ma vuole qualcosa in cambio. Iqbal ha 4 anni. Viene spedito a lavorare in una fabbrica di tappeti. Servono mani piccole. Gli operai sono quasi tutti bambini. Iqbal si alza all’alba, arriva in fabbrica, lo incatenano al telaio. E lavora. Anche 12 ore al giorno. Guadagna talmente poco che a stento riesce a mangiare. È denutrito, stremato. Scappa, si rivolge alla polizia. Lo rispediscono al mittente. I padroni lo picchiano, lo rinchiudono in un seminterrato senza finestre. Una tomba. È il 1992. Iqbal e altri bambini escono di nascosto dalla fabbrica. Partecipano a una manifestazione del Fronte di Liberazione dal Lavoro Schiavizzato. Iqbal sente parlare di diritti dei bambini. Sale sul palco. Denuncia le condizioni in cui lui e i compagni sono costretti a lavorare. Al ritorno in fabbrica incrocia le braccia. Viene picchiato. Resiste. La sua famiglia viene minacciata. È costretta a cambiare villaggio. Iqbal chiede aiuto al Fronte. Lo ospitano in un ostello. Lo fanno studiare, e giocare. Iqbal si riappropria della sua infanzia. Ora vede il futuro, da grande vuole fare l’avvocato. Il suo corpo porta i segni degli stenti. Ha quasi 10 anni, ne dimostra 6. È il 1993. Iqbal partecipa a conferenze, parla del lavoro minorile, invita la comunità internazionale a boicottare il commercio di tappeti pakistani. Gli unici strumenti che un bambino dovrebbe tenere in mano sono le penne e le matite. È il dicembre del 1994. L’università di Boston gli assegna il premio per i diritti umani. Iqbal devolve i soldi alla costruzione di una scuola. Le autorità pakistane chiudono molte fabbriche di tappeti. Migliaia di bambini sono liberi. È il 16 aprile del 1995. Domenica di Pasqua. Iqbal Masih ha 12 anni. Sta uscendo dalla chiesa, dopo la messa. Viene falciato da una raffica di proiettili. Muore sul colpo. In tasca aveva la Bibbia e una immaginetta di Gesù.
Lui è Iqbal
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