Lui è Guo, vive nello Shandong, in Cina. Ha una moglie e un figlio. Xinzhen ha 2 anni, è la luce degli occhi di papà. È il 1997, Guo torna dal lavoro nei campi, trova la casa piena di poliziotti, la moglie piange disperata. Lo accolgono con una pugnalata secca al petto. Suo figlio è scomparso. Guo non capisce, non è possibile, non può essere, certo si stanno sbagliando. Chiama il bambino, lo cerca. Tesoro mio, dove sei? Non lo trova da nessuna parte. La terra trema sotto i suoi piedi. Dov’è il mio bambino? Alcuni vicini raccontano di averlo visto in giardino, una donna l’ha avvicinato, gli ha pulito il viso con un fazzoletto. Poi sembra sia stato inghiottito dal vuoto. I poliziotti parlano di rapimento. Guo è paralizzato, si maledice. Se solo fossi tornato a casa un po’ prima. Passano i giorni, le settimane, le ricerche non portano a nulla. Guo si sdraia sul lettino vuoto del suo bambino. Piange, lo chiama, urla il suo nome. Dov’è finito suo figlio? Cosa starà facendo? Chi gli rimboccherà le coperte? Avrà fame, freddo? La tristezza si trasforma in rabbia. Guo fa una promessa alla moglie, e monta in sella alla motocicletta. Setaccia ogni via, ogni garage, cerca negli edifici abbandonati, ovunque. Ritaglia notizie dai giornali, scrive agli uffici di polizia, contatta associazioni di bambini scomparsi. Fa stampare uno striscione con il volto di suo figlio e lo attacca alla moto. Segue ogni pista, va avanti. Gli anni passano, Guo ha finito i risparmi, si mantiene vendendo piccole zucche dipinte dalla moglie. Parenti e amici lo implorano di tornare, deve arrendersi e affrontare la realtà. Guo macina chilometri. Non gli importa quanto impiegherà, non sarà mai troppo tardi per riabbracciare suo figlio. È il 2021. Guo ha percorso oltre mezzo milione di chilometri. Sta per entrare nell’ennesimo villaggio quando riceve una chiamata dalla polizia. L’abbiamo trovato! Trovato? Chi, cosa? L’agente lo invita a tornare a casa, lo stanno aspettando. Guo trema, è confuso, si aggrappa alla moglie. Le porte si aprono. Esce un uomo. Guo è senza fiato. Si avvicina, gli sfiora il viso, lo tocca, lo annusa, poi lo stringe forte. È mio figlio, il mio bambino. Dopo ventiquattro anni, è di nuovo tra le sue braccia.
Lui è Guo
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