Lui è Giuseppe. Vive a Torino. Ha 14 anni. È un ragazzo un po’ in carne, sempre in lotta con la bilancia. Per rimanere in forma, gioca a pallavolo. Salta di qua, e salta di là, qualcosa dovrà pur bruciare. Giuseppe attraversa gli anni del liceo in equilibrio precario. Dopo il diploma trova un buon lavoro, si sposa, diventa padre. Raccoglie tante soddisfazioni, ma anche ansie e preoccupazioni. Si sfoga nell’unico modo che conosce. Mangia. Il cibo è un conforto e un rifugio. Intanto cambia buco alla cintura. D’improvviso Giuseppe fatica a guidare, e dopo due passi con i figli ha il fiatone. Si guarda allo specchio. Vede una palla di lardo. Che cavolo hai da guardare! Lo sta fissando. Chi è? Giuseppe non si riconosce, ed è sempre più arrabbiato. È il 2017. Solo per far contenta la moglie, entra nello studio di una nutrizionista. Sale sulla bilancia. L’ago si ferma vicino ai duecento chili. La dottoressa si fa seria. Sei arrivato al punto di non ritorno, se continui così, morirai. Giuseppe resta di sasso. È come se gli avessero tirato un pugno in pieno volto. Ride in modo isterico, poi d’improvviso scoppia a piangere. Ha paura. Va davanti allo specchio, si guarda a lungo, in profondità. Come diavolo hai fatto a ridurti così? Non è una questione di bello o brutto, c’è in ballo la sua vita. La dottoressa propone un intervento di riduzione dello stomaco. Giuseppe non vorrebbe prendere scorciatoie, ma da qualche parte deve pur iniziare. Entra in sala operatoria. Quando riapre gli occhi si sente diverso, è come se il suo cervello fosse stato resettato. Prova le emozioni in modo più intenso, è curioso, pratica sport estremi, va a caccia di esperienze forti. Riprende a correre, gioca con i figli, divora un libro dietro l’altro. Ha fame, di vita. Oggi Giuseppe ha 41 anni, ha raggiunto il suo peso forma. È felice. L’intervento gli ha cambiato la vita, ma è stato solo il primo passo. Ogni giorno è una lotta, una sfida con se stesso per non ricadere nelle cattive abitudini. Non esiste la bacchetta magica.
Lui è Giuseppe
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