Lui è Emiliano. Nasce a Vimercate, Monza, nel 1989. La madre è operaia, il padre fa il musicista e soffre di bipolarismo. Un giorno è un uomo dolce e permissivo, quello dopo indossa l’impermeabile, gli occhiali da sole e diventa duro, severo. Emiliano ha 4 anni. Ha un problema al cuore, devono operarlo. La madre è disperata, chiama il marito, lui scappa dal reparto psichiatrico per andare dal figlio. Emiliano guarisce, frequenta le elementari. Il suo amico del cuore muore, Emiliano è inconsolabile. Smette di sorridere, si chiude in se stesso. La madre se lo porta dietro al lavoro pur di non lasciarlo solo. Passano gli anni. Il padre è mutevole. Un giorno lo va a prendere a scuola e offre il gelato ai suoi amici, il giorno dopo scompare e lo beccano a dirigere il traffico in mutande sulla tangenziale. Poi si presenta a casa con un motorino nuovo. Vieni con me, ti insegno a impennare. Emiliano lo adora. È un papà diverso, insolito, ma è il suo papà. Cresce. La scuola gli sta stretta, passa le giornate a zonzo con gli amici. Ha 14 anni. Conosce un posto a Milano dove fanno gare di freestyle. La musica lo cattura. La mattina si alza, prende l’autobus, invece di andare a scuola torna lì, a rappare sotto i portici. Prende la penna, scrive, butta giù tutti i sogni, i dolori, le paure. La madre è preoccupata, il figlio ha sbalzi d’umore, è chiuso, distante, sembra non provare emozioni. Lo fa visitare. Emiliano ha una sindrome dissociativa, se la terrà per tutta la vita. La musica è la sola cosa che lo tiene in equilibrio. Molla la scuola e si dedica al rap. Partecipa a tante battaglie a colpi di rima. È bravo, un cecchino. Lo chiamano il killer della rima. Killer? Nasce Emis Killa. È il 2007. Vince un concorso importante, un’etichetta lo mette sotto contratto. È lanciato. Passano 3 anni. Il padre muore. Arresto cardiaco. Sbam, Emiliano crolla. Non mangia, non esce, si sente vuoto, si aggrappa alla musica, con le unghie e con i denti. Si rialza. Si tatua la parola Dad, riprende in mano la penna. Sfonda.
Lui è Emiliano
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