Lui è Eli. Nasce nel 1998 a Oakland, negli Stati Uniti. Non ha fratelli né sorelle, ma ha due splendide mamme, che un bel giorno gli raccontano una storia. Prima che lui venisse al mondo, sono andate in un posto chiamato banca del seme, ne hanno scelto uno, e da quello è nato lui. Eli cresce, capisce. Un uomo ha contribuito a metterlo al mondo, non vedrà mai la sua faccia, non saprà mai il suo nome. Ha solo un codice, che lo identifica come donatore. Passa il tempo. Eli ha 19 anni, frequenta l’università, conosce un ragazzo con cui stringe un bel rapporto. Un giorno si apre, e gli confida tutto. L’altro ha uno sguardo scioccato. Ripete una sola parola. Incredibile. Anche lui ha due mamme, che a suo tempo gli hanno raccontato la stessa identica fiaba. Gli mostra il codice di suo padre. Eli non riesce a credere ai suoi occhi. Sono figli dello stesso donatore. Fratelli? Fa qualche ricerca, spuntano fuori altri trentatré codici, fratelli e sorelle sparsi per tutta l’America. Eli è sconvolto. Prova disagio, ansia. Si sente privato della sua umanità. Un meccanismo distorto l’ha reso nient’altro che un prodotto in serie. Non riesce a darsi pace. Ha bisogno di toccare con mano, vedere con i suoi occhi. Recupera nomi e indirizzi, prende una macchina fotografica, parte. Viene accolto con stupore, timore, curiosità. Trascorre qualche giorno in loro compagnia, vede il posto in cui sono cresciuti, si fa raccontare paure, sogni, dettagli di una vita. Scatta delle foto, immortala emozioni e ricordi. La macchina fotografica è un vecchio modello a lastre, impiega quasi un’ora prima di imprimersi sulla pellicola. Eli indugia sui volti, scruta, cerca le somiglianze, prova inquietudine e gioia. Dopo dieci mesi di viaggio, si ritrova con un insolito album di famiglia. Ritratti forti, intesi, vivi. Eli non vuole condannare il sistema e le leggi. Sentiva soltanto il bisogno di restituire umanità a dei codici. Oltre la burocrazia e le transazioni, c’è sempre un cuore che batte.
Lui è Eli
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