Lui è Dominik. Nasce a Merano, in Alto Adige, nel 1989. Il papà è istruttore di sci. Dominik non ha ancora compiuto 4 anni, è già sulle piste. Il padre è severo. Niente sconti. Determinazione e spirito di sacrificio sono fondamentali nello sport. Dominik è entusiasta, non vuole fare altro. Ha 6 anni. Partecipa alla sua prima gara. Discese, velocità, adrenalina. Si allena con costanza, fa incetta di trofei. I risultati sono dalla sua parte, se lavora duro può diventare un campione. Passa qualche anno. Viene ammesso nella squadra dell’Alto Adige, disputa le prime gare importanti. Vince. Ha 16 anni. La sua paghetta settimanale non gli basta, ha bisogno di arrotondare. Trova lavoro come muratore. È dura. Passa delle ore sotto il sole, torna a casa distrutto. Il tempo per gli allenamenti si riduce, non quello per le uscite. Dominik ama le feste, il cibo e la musica metal. Esce quasi tutte le sere a fare baldoria. Deve allenarsi, lo sa, ma c’è tempo. Domani è un altro giorno e si vedrà. Gli sci restano in un angolo a prendere polvere. I buoni risultati svaniscono in fretta, Dominik mette su peso, il corpo non risponde più. Perde le gare e le posizioni raggiunte. Ha 18 anni. Si trova in un vicolo cieco. Il padre gli fa una bella lavata di capo. Se vuoi essere il migliore, devi sputare sangue sulle piste. Lo spedisce a farsi le ossa in Svizzera. Farà il pastore. Dominik arriva al pascolo. Sono tre ragazzi e 120 mucche. Non sa se ridere o piangere. Sveglia in piena notte e lavoro fino al mattino, poi allenamento intensivo sulle piste. È una mazzata. Alle dieci di sera crolla sul letto, altro che festini. È una battaglia con se stesso. Va avanti per tutta l’estate. Impara il significato della parola sacrificio. Al ritorno, Dominik Paris vince una medaglia d’oro e la coppa del mondo. È uno degli sciatori più forti d’Italia.
Lui è Dominik
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