Lui è Bruce. Nasce a San Francisco nel 1940. Ha 3 mesi. La famiglia torna a vivere in Cina. Bruce è un bambino irrequieto. Gira per Hong Kong, cerca guai, li trova, fa a cazzotti. Ha 12 anni. I genitori lo mettono in una scuola cattolica. Si votano alla provvidenza divina. Bruce non coglie. Semina vento, raccoglie tempesta. Ha molti nemici, deve imparare a difendersi. Frequenta la scuola di arti marziali del maestro Yip Man. Bruce è veloce, forte, ma indisciplinato. Una testa calda. È il 1959. Ha 18 anni. Fa a botte con il figlio di un membro della Triade, la temibile mafia cinese. I genitori temono la vendetta e lo mandano negli Stati Uniti. Bruce arriva in America con cento dollari in tasca. Insegna arti marziali in una palestra. È un perfezionista. Si allena sei giorni su sette. Studia diverse discipline, crea un suo stile personale, il Jeet kune do. È il 1970. Bruce si allena tanto, troppo. Ha male alla schiena. È grave. I medici consigliano riposo assoluto per sei mesi. Bruce non la prende bene. È nervoso, arrabbiato. Ma non ha scelta. Deve fare qualcosa. Non può allenare il corpo? Allenerà la mente. Legge. Divora saggi di filosofia e psicologia. Sente scattare qualcosa. La rabbia si attenua, scopre di possedere una riserva di pazienza. Ha una grande forza di volontà. Passano 6 mesi. Si alza dal letto e riprende ad allenarsi. È difficile, doloroso, ai limiti dell’impossibile, ma non molla. Supera i suoi limiti. Recupera tutta la sua agilità e velocità. I suoi allievi aumentano. Si fa un nome nell’ambiente. Gli propongono addirittura di girare un film. È il 1971. Esce Il furore della Cina colpisce ancora. Bruce diventa una leggenda. È il 1973. Gli trovano un edema cerebrale, lo curano, ma deve stare attento. Passano due mesi. Bruce Lee ha una forte emicrania. Prende un farmaco. Si sdraia. Non si sveglia più. La sua morte viene definita accidentale, ma la vera causa non viene mai accertata. Aveva 33 anni.
Lui è Bruce
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