Lui è Andrea. Nasce a La Spezia, in Liguria, nel 1973. La sua nonna ha un compito per lui. Tesoro, corri giù dal panettiere. Andrea suda freddo. È un bambino piccolo, ma non ha paura di andare sotto casa da solo, il problema è molto più grande. Chiede alla nonna di scrivere tutto su un pezzo di carta. Poi scende in strada e torna con un sacchetto di pane. Si sente fiero. A scuola non è così facile. La maestra chiama l’appello. Tocca a lui. Non deve fare altro che aprire la bocca e dire una sola parola. Presente. Gli altri si voltano. Lo fissano. Andrea si mette a tossire, alza la mano. È riuscito ad aggirare l’ostacolo. La tregua dura poco. La maestra gli chiede di leggere. Andrea non apre bocca, il cuore gli scoppia in petto. Cala il silenzio. Sente gli sguardi, ingoia le lacrime, abbassa la testa sul libro, parte, ma la sua maledetta bocca non si apre e non lascia passare le parole. I compagni ridono. Andrea torna a casa triste, si sente solo, diverso dagli altri. La sua mamma lo prende per mano e lo porta da un logopedista. Pare non sia nulla di grave, è balbuziente. In una parola, sei condannato a soffrire, gli altri a ridere. A scuola è un inferno, ma quando torna a casa fa finta di nulla. Tutto bene mamma. Passano gli anni, crescono i problemi. Lunghe ore di allenamento per una telefonata, interrogazioni solo scritte, stratagemmi, cambi di parole, suoni, strategie di fuga dalle nuove conoscenze. Uno stato d’ansia perenne. Andrea ha 19 anni, deve fare qualcosa. Il suo destino è nelle sue mani. Si iscrive a un corso, sono trenta ragazzi, passano insieme dodici giorni, condividono un disturbo ma soprattutto le emozioni e il desiderio di vivere senza terrore. Alla fine si siede in facoltà per la prima interrogazione orale della sua vita. Ha una paura fottuta. Inizia a parlare, le parole escono, si ferma, riprende coraggio, riparte. Ce l’ha fatta. Andrea non ha più paura. Ora ha 49 anni. Quando si trova davanti a una persona balbuziente prova una grande tenerezza. Se solo capiste cosa c’è dietro.
Lui è Andrea
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