Lui è Alexander. Nasce a Villarosa, in Sicilia, nel 1979. Viene al mondo prima del previsto, finisce subito nell’incubatrice. I medici prendono da parte i genitori. Vostro figlio ha la sindrome di down, è debole, non sappiamo se ce la farà. Ma Alex non si arrende, lotta, e dopo un mese lascia l’ospedale. Le due sorelle e il fratello lo accolgono a braccia aperte. Mamma e papà lo crescono sotto una campana di vetro, ma Alex è un bambino esuberante, vivace. Ha bisogno d’aria, di spazi, di vita, le pareti di casa gli stanno strette. La sorella Giacoma lo prende per mano, fanno lunghe passeggiate. La gente guarda, mormora. Giacoma lo trascina via, fa di tutto per proteggerlo, Alex sorride. È tutto a posto, tranquilla. Arriva l’estate, è un giorno di festa, per le vie del paese risuona la musica. Alex sfugge al controllo della mamma, corre fuori e comincia a ballare, da solo, davanti a tutti. Si sente libero, è felice. Inizia la scuola. I compagni rimangono seduti composti, Alex non sta fermo un attimo, si rigira sulla sedia, ride, urla. Le maestre lo sgridano e lo lasciano fuori dalla porta. Dicono che non serve perdere tempo con lui, tanto non imparerà mai a leggere e scrivere. Alex fa una bella pernacchia, con l’aiuto di un insegnante di sostegno impara l’alfabeto e butta giù fiumi di lettere. Ha 14 anni. Giacoma lo aiuta a vestirsi, Alex vuole fare da solo. Apre l’armadio, mischia tessuti, colori, fa mille prove davanti allo specchio, finché non è soddisfatto. Giacoma scuote la testa. L’abbinamento è terribile. Alex alza le spalle. A me piace. Passano gli anni. I genitori lo portano in un centro specializzato, fanno fatica a lasciarlo, temono che non si trovi bene. Alex rincasa la sera tardi. È entusiasta, quel posto è pazzesco. Ha 30 anni. Gli operatori scoprono la sua passione per il ballo. Perché non ti iscrivi a un corso? I genitori tentennano, Alex si butta a capofitto, viene selezionato per i campionati di Rimini, conquista quattro medaglie ed è campione di bachata. Sale sul podio, è insolitamente serioso. Stringe la medaglia, la alza in alto, guarda il cielo, dedica la vittoria alla sua mamma che lo guarda da lassù.
Lui è Alexander
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