Lui è Al. Vive a St. Petersburg, in Florida. Ha 53 anni, tre figli grandi, lavora per il dipartimento idrico della città. Ogni mattina si sveglia di buon’ora, sorseggia il caffè sulla veranda, poi guida fino al lungomare. Siede su una panchina, osserva l’acqua, il cielo rosa dorato, gusta il silenzio di un nuovo giorno che prende vita. Lo aiuta a concentrarsi, a trovare le energie per affrontare tutto quel che viene dopo. È il 2015, una mattina come tante. Al è perso nella contemplazione, una donna si ferma. Scusi se la disturbo, vorrei ringraziarla perché vederla seduta qui ogni giorno mi trasmette pace e serenità, sento che tutto andrà bene. Al sorride stranito, cerca di tornare ai suoi pensieri, ma quelle parole gli rimbombano nelle orecchie, arrivano dritte fino al cuore. La mattina dopo prende posto sulla panchina, ignora l’orizzonte e si concentra sulle persone. Osserva i volti, gli occhi, cerca di stabilire un contatto visivo. Qualcuno ricambia il sorriso, altri tirano dritto. Al continua per settimane. Poco alla volta memorizza i mattinieri, lo riconoscono, gli sguardi diventano più intensi, finché uno di loro siede al suo fianco. Dopo qualche istante di silenzio, comincia a piangere. Parla del suo matrimonio, delle incomprensioni, della paura di fallire, butta fuori tutto. Grazie, ne avevo bisogno. Passano i minuti. Una donna si ferma per chiedere un consiglio sulla carriera, un impiegato sente che sta sprecando la sua vita dietro a una scrivania, una ragazza confida la gioia di essere incinta. Al ascolta, torna a casa con il cuore gonfio. Ha passato così tanto tempo a contemplare il mare, solo adesso ha davvero aperto gli occhi. C’è un tale bisogno di empatia, comprensione, di sapere anche solo per un istante che non si soli, ed è incredibile, perché basta poco. Oggi Al ha 60 anni, si sveglia all’alba, beve il caffè, indossa il capello, apre le orecchie e il cuore. Una donna prende posto. Fissano l’acqua insieme, in silenzio per un’ora, poi lei ringrazia e se ne va.
Lui è Al
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