Loro sono Vincenzo e Anna. Hanno 57 e 55 anni. Vivono a Napoli, sono sposati e hanno un negozio di detersivi. È marzo. Vincenzo e Anna non stanno bene, hanno la febbre alta. Passa qualche giorno. La febbre non passa, i figli chiamano il 1500. Cosa dobbiamo fare? Se non ci sono altri sintomi, rivolgetevi al vostro medico curante. Il dottore prescrive l’antibiotico, ma non fa effetto. È il 17 marzo. I figli mettono mascherina e guanti ai genitori, li caricano in macchina e li portano in ospedale. Vincenzo e Anna si mettono in fila. Nell’attesa gli misurano battito, saturazione e temperatura. Vincenzo presenta tutti i sintomi. Gli fanno il tampone. Alla moglie no, lei ha solo la febbre. È il 19 marzo. Vincenzo è positivo al coronavirus. L’ambulanza lo preleva, passano 4 ore prima che si trovi un ospedale disponibile a ricoverarlo, sono tutti pieni. Vincenzo è grave, lo intubano e lo mettono in terapia intensiva. Passa qualche giorno. Anna continua ad avere la febbre alta, tossisce, ha l’affanno. La figlia chiama il 118. Spiega che il padre è stato ricoverato e la madre presenta gli stessi sintomi. Mandano un’ambulanza, fanno i rilievi del caso. Dicono che la mamma non è grave, può restare a casa. La figlia non si arrende. Richiama, spiega la situazione. L’operatore vuole parlare con Anna. Le chiede come sta, decide che non ci sono difficoltà respiratorie tali da giustificare un ricovero. È la mattina del 24 marzo. Anna peggiora, i familiari chiamano i soccorsi, arriva l’ambulanza. L’operatore le misura i parametri, non sono buoni. Anna deve essere subito ricoverata. Passa meno di un’ora. La figlia riceve una telefonata dall’ospedale. La mamma è morta. Dicono che non sanno la causa, solo gli esami potranno dirlo. Arianna sta ancora aspettando l’esito. Intanto lei, il marito e il suo bambino di 15 mesi si sono messi in auto quarantena. Nessuno gliel’ha imposta, nessuno ha detto loro cosa fare. Anna Gentile aveva 55 anni. Il marito Vincenzo Esposito non sa nulla, è ancora ricoverato in terapia intensiva.
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