Lei è Giulia. Vive a Dalmine, vicino a Bergamo. È il 2017. Ha 18 anni. Giulia prende il diploma, il suo sogno è di entrare nell’Esercito o nei Vigili del fuoco. Non è sicura. Quello che è certo è che vuole rendersi utile. Giulia è molto legata alla sua nonna. Va a trovarla tre volte a settimana, la porta dal parrucchiere, l’accompagna a fare la spesa, poi gita a sorpresa in Città Alta. È estate. In paese c’è una manifestazione della Protezione Civile. Giulia si ferma a parlare con un i volontari, ascolta i loro racconti. È un colpo di fulmine. Si mette subito a disposizione. Nel frattempo trova lavoro come giardiniera. Ama sporcarsi le mani, è una passione che le hanno trasmesso i nonni. Giulia pota gli alberi, le siepi, semina i giardini, si spacca la schiena tutti i giorni, ma stare all’aria aperta non ha prezzo. Il tempo libero lo passa in Protezione Civile. Va nelle scuole a fare le prove antincendio, pulisce boschi e fiumi. È instancabile. È il marzo del 2020. Giulia ha 20 anni. Scoppia l’emergenza coronavirus. La sua ditta chiude, Giulia è 24 ore su 24 in servizio come volontaria. Porta la spesa a una signora anziana. È sola, non può uscire, le ricorda sua nonna, Giulia si ferma a parlare qualche minuto. Sei un angelo, mi hai strappato un sorriso. Giulia trattiene a stento le lacrime, per lei quei 10 minuti non sono niente, per quella signora sono tutto. È sera, Giulia e la sua squadra pattugliano le strade. C’è un gruppo di gente che passeggia. Giulia chiede, prega, di andare a casa. Dateci una mano. La risposta la spiazza. Ma noi abbiamo bisogno di prendere una boccata d’aria. Passano i giorni. I contagi aumentano. Giulia entra nelle case, porta farmaci e cibo alle persone in quarantena, ha paura, è normale, ma non si ferma. Torna a casa, stanca, chiama Stefania, la sua amica. Le trema la voce, è emozionata. Oggi abbiamo montato delle tende speciali, serviranno agli operatori delle ambulanze per spogliarsi e lavarsi dopo il turno, sono piccole cose lo so, ma sono orgogliosa.
Lei è Giulia

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