Lei è Wesam. Vive a Roma. Ha 32 anni. È il 2016. Wesam accompagna la sua bambina di 4 anni, Sofia, a danza classica. Si ferma a guardarla, è così felice di vederla ballare. Finisce la lezione. Mamma, mi fa male qui, dietro la testa. Wesam la controlla, non c’è nulla, forse lo chignon è troppo stretto. Passa un mese. Mamma mi fa di nuovo male. Wesam si preoccupa, porta la figlia da un medico, chiede che le venga fatta una tac, per stare tranquilla, ma il medico la liquida in fretta. Non serve. Prescrive un anti infiammatorio e la rimanda a casa. Passa qualche settimana. Wesam porta la figlia in vacanza. Ride, scherza, gioca con i cuginetti, sta bene. Wesam cerca di convincersi che va tutto bene, ma non è tranquilla. Sofia le corre incontro. Mamma, voglio andare a casa, sono stanca, mi fa male la testa. No, non va tutto bene. Wesam schizza in piedi, prende la figlia e corre in ospedale. Questa volta non chiede, vuole, pretende che le facciano una tac. Wesam aspetta i risultati. Prega. Passano delle ore. Ecco i medici. Signora, sua figlia ha un tumore cerebrale, deve essere operata, subito. Wesam si sente svenire, il marito tira un pugno alla porta, piange. Lei è sotto shock, non capisce. La sua bambina potrebbe morire. Guarda Sofia. È seduta, sta disegnando, sta bene, le sorride. Mamma, posso tornare a danza, vero? Wesam si sente morire, sfoggia il suo sorriso più bello. Certo piccola mia, danzerai ancora. Passano due giorni. Sofia deve entrare in sala operatoria. Wesam la stringe forte, non vuole lasciarla. Passano 16 ore. Wesam è stravolta, cammina su e giù per i corridoi, le mani tra i capelli. Dov’è la sua bambina? È notte. Un medico esce dalla sala, la prende da parte. Signora, l’intervento è andato bene, ho tolto quasi tutto, per fortuna il tumore era benigno. Wesam è pazza di gioia, abbraccia il chirurgo, un uomo, un angelo che ha lavorato senza mai fermarsi. Grazie, grazie, grazie. Corre dalla sua bambina. Mamma stai tranquilla, quando dormivo ho visto una grande luce, non ero sola.
Lei è Wesam
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