Lei è Verona. Nasce a Gouda, in Olanda, nel 1985. È una bambina allegra, vivace. Ha 5 anni. Si iscrive a ginnastica artistica. Gli insegnanti sono colpiti. Verona è brava, può puntare in alto. I genitori la sostengono. Ha 9 anni. Verona passa ore in palestra, gli allenamenti sono duri, lo sforzo fisico è enorme. Lei non si risparmia, gareggia anche se è infortunata. Vince tante competizioni. La pressione aumenta, l’allenatore controlla cosa mangia. Se sgarra, sono guai. Verona sopporta ogni tipo di umiliazione, rendere felici i genitori non ha prezzo. Loro la incoraggiano, ma se perde una gara non glielo perdonano. La sbattono fuori dall’auto e la costringono a tornare a casa a piedi. È il 2002. Verona vince cinque medaglie ai campionati europei. Viene nominata sportiva dell’anno. La sua carriera è alle stelle. La sua mente e il suo corpo sono distrutti. Verona stringe i denti fino al 2008. Ha 23 anni. Annuncia il suo ritiro. Torna a casa, gira la chiave, la serratura è cambiata, i genitori non la voglio più tra i piedi. Per loro è morta, ma si tengono i suoi soldi. Verona dorme in macchina con il fidanzato, vive di elemosina. Quando non ha niente, ruba. È il 2010. Verona scatta delle foto di nascosto a una coppia di amanti. Li ricatta. Le danno 2 mila euro. Tempo una settimana e si ritrova con le manette ai polsi. La arrestano. Sconta 72 giorni di prigione. Esce. Non ha un soldo, è nella merda. Ha un’idea. Si piazza davanti a una webcam e gira video porno. Fa sesso da sola o con il fidanzato, diventa una pornostar, guadagna soldi a palate. È il 2019. Scoppia il Metoo. Le ginnaste americane denunciano un medico sportivo per violenze sessuali. È uno scandalo. Verona lascia il mondo del porno e vuota il sacco. Racconta i maltrattamenti subiti in giovane età. Spiega quali sono le chiavi per convincere le ragazzine a denunciare. Diverse società sportive e federazioni la ingaggiano come consulente. Verona van de Leur ha 35 anni. Ora sussurra alle giovani atlete. Io ci sono passata, parliamone.
Lei è Verona
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