Lei è Sobrine. È il 2010. Ha 29 anni. Lascia il Marocco, la sua terra, e raggiunge il marito in Italia. Si stabiliscono a Lomagna, in provincia di Lecco. Nascono due bambine. Passano due anni. Sobrine e il marito vanno al lago con le figlie. Il marito è su un gommone con la bimba di 2 anni. Sobrine e la più piccola li guardano dalla riva. Il marito si immerge, risale, poi torna sotto. Sua figlia ride. Aspetta che il papà spunti dall’acqua per schizzarlo. Passa qualche secondo. Il suo papà non riemerge. Sobrine urla. Chiama i soccorsi. Lo trovano sul fondo del lago. Ha avuto un malore. È morto. Sobrine è sola, senza lavoro, con due figlie piccole da crescere, in un paese straniero. Si asciuga le lacrime e tira fuori gli attributi. Si iscrive a un corso per operatore sanitario. Lo passa, trova lavoro in un centro per anziani. Sobrine è musulmana praticante, insegna il corano ai bambini della moschea, ma allo stesso tempo fa la volontaria all’oratorio di Lomagna. Porta l’henné dal Marocco, organizza un laboratorio di tatuaggi per i bambini. Partecipa a un incontro della parrocchia. Si alza in piedi. Tutti la guardano. È agitata. Mostra delle slide con le immagini del suo paese. Parla dell’Islam e di Allah. Dalla borsa estrae dei veli. Sono quelli che lei indossa ogni giorno. Toccateli, provateli, non c’è da aver paura. È il 2018. Scopre di avere un tumore ai polmoni. Tutto il paese si mobilita. Musulmani, cristiani, uomini, donne, bambini, tutti le danno una mano. Quando è in ospedale, fanno a turno per portarle i vestiti di ricambio e sbrigare le pratiche burocratiche. È il 17 ottobre del 2019. Sobrine Ounnass muore. Aveva 39 anni. Il paese organizza la festa della vita. I bambini preparano i biscotti seguendo la sua ricetta. Le amiche cucinano cibo marocchino. Il parroco e l’imam salgono sul palco, parlano, si abbracciano e ricordano a tutti le parole di Sobrine, le due religioni sono più vicine di quello che sembra.
Lei è Sobrine
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