Lei è Silvana. Nasce a Oristano nel 1936. Ha 7 fratelli, tirare avanti è dura, ma il padre è un gran lavoratore, non fa mancare nulla alla famiglia. Silvana è una ragazza testarda, piena di vita. Frequenta il liceo classico e fa sport, lancio del disco. Ha 20 anni. Fresca di maturità e di brevetto atletico, insegna educazione fisica nelle scuole, ma non le basta. Si sposa e mette su famiglia. Nel giro di sei anni nascono sei figli. Silvana è una professoressa esigente e una mamma attenta, instancabile, porta i figli in palestra e fa ginnastica con loro. Ha 34 anni. I tempi cambiano. Se vuole continuare a insegnare deve prendere la laurea. Silvana non si fa intimorire, si iscrive a Scienze Motorie. È lanciata, non la ferma neanche la settima gravidanza. Segue le lezioni con il pancione, ma il parto è doloroso. Silvana ne esce deperita, con le difese immunitarie a terra. È il novembre del 1972. Silvana si sta preparando per sostenere un esame. Tossisce. Sputa sangue. Aiuto. Chiama il medico. Signora, il suo esame dovrà aspettare, ha la tubercolosi. Non c’è tempo da perdere, la spediscono in quarantena in un sanatorio a Selva dei Pini, Modena. Silvana è sola, spaesata. Vivere lontano dai figli è un incubo. La controllano a vista, non può muoversi liberamente, non le è concesso neanche salire le scale, non deve stancarsi, i suoi polmoni sono deboli. Silvana non ama farsi comandare. Gira l’angolo, fa un gradino, poi un altro, di nascosto, finché un infermiere la becca. Signora mia, cosa mi combina? Silvana è sempre più debole, stanca, la malattia la sfinisce, ma lei non vuole dargliela vinta. Uscirà da lì, è una promessa. Passano 4 mesi. Silvana è guarita, torna a casa. Riabbraccia i figli e riprende da dove aveva lasciato, si laurea e continua a insegnare fino al 1990. Adesso Silvana ha 83 anni, 7 figli, 10 nipoti e 3 pronipoti. I suoi polmoni sono compromessi, è in quarantena da settimane. Ha paura, si sente prigioniera, di nuovo, ma va avanti. Non esistono ostacoli insormontabili.
Lei è Silvana
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