Lei è Shirley. Nasce nel 1928 a Santa Monica, negli Stati Uniti. Passa le giornate ad ascoltare la musica sul grammofono, sgambetta a ritmo di rumba, improvvisa qualche saltello, prende lezioni di tip tap. Ha 6 anni. Shirley è già una bravissima ballerina, si esibisce nei teatri di tutta la città, finché un giorno si ritrova in un posto magico. Si chiama Hollywood, ed è pieno di donne e uomini bellissimi. Balla, canta, recita al loro fianco, si diverte e fa divertire. Shirley Temple gira un film dietro l’altro, vince il primo Oscar giovanile della storia. Ogni mattina si siede davanti allo specchio per acconciare i capelli, cinquantasei perfetti boccoli d’oro che fanno impazzire grandi e piccini. Passano gli anni. Shirley continua a recitare, ma il pubblico ama la bambina, dell’adolescente non sa che farsene. La danno per spacciata. Shirley non molla, gira altri film, sposa un attore, tenta di reinventarsi, ma non basta. È il 1948. Shirley si ritira dalle scene, anche il suo matrimonio naufraga. Ha vent’anni e si sente vecchia, senza più sogni, né prospettive. Si rifugia alle Hawaii. Durante una passeggiata in spiaggia incontra un uomo. Si chiama Charles, è un industriale, non gli importa un fico secco del cinema, parla di politica e problemi sociali. Shirley ascolta incantata. Per la prima volta si sente con i piedi sulla terra. Ha vinto mille premi, fatto soldi a palate, ma è come se tutto questo fosse accaduto su Marte. Non sa nulla del mondo reale, e soprattutto non conosce se stessa. Si mette davanti allo specchio, affonda le mani tra i capelli, disfa uno a uno i suoi boccoli d’oro. Si rimette sui libri, legge, studia, suda sette camicie finché ottiene un lavoro alle Nazioni Unite. È il 1969. Shirley diventa ambasciatrice in Ghana, poi in Cecoslovacchia. Sconfigge un tumore al seno, sposa il suo Charles, diventa mamma, non smette un solo giorno di lavorare. Sono felice di essere stata una star, ma sono molto più orgogliosa di essere diventata una donna in grado di rialzarsi e combattere.
Lei è Shirley
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