Lei è Serena. Nasce ad Avellino nel 1980. Ha una famiglia umile, ma solida. Serena ha un sogno. Diventare medico. Cresce. Studia come una matta, si diploma. Affronta l’esame d’ammissione a Medicina. Lo passa. Si mette d’impegno. Trascorre le giornate sui libri, vuole laurearsi e non pesare sui genitori. Rinuncia a uscite, amici, fidanzati. Serena ha 25 anni. È fresca di laurea. Si iscrive alla specialistica. I suoi sforzi vengono ripagati, diventa medico radiologo. Serena non perde tempo, manda curricula a tutti gli ospedali d’Italia. Passa qualche mese. La chiamano. Fa i bagagli e si trasferisce al nord. Finisce il contratto, cambia regione. Torna in Campania per un lavoro stabile. È marzo del 2018. Nell’ospedale in cui lavora nasce un bambino. La mamma lo abbandona. Serena va a trovarlo, si affeziona. Ogni giorno trova del tempo da passare con lui. Gli compra tutine, completini, carillon. Si immagina mamma per la prima volta. È un desiderio forte, intenso. Indaga sulla possibilità di adozione, ma è single. La legge non lo consente. Prova a chiedere l’affido, ma c’è una graduatoria. Non può fare nulla. Il bambino viene adottato da una coppia. Per Serena è un dolore enorme. Non riesce a rassegnarsi. È vero, non ha un compagno, ma ha un buon lavoro e una famiglia solida alle spalle. È sicura che al piccolo non sarebbe mancato nulla. Il tempo passa. Serena ha 39 anni. L’orologio biologico non si ferma e non aspetta quello affettivo. E lei non vuole rinunciare alla possibilità di diventare madre. Prova la fecondazione assistita, ma è costretta ad andare all’estero. In Italia non si può. Qualcuno la accusa di essere egoista, di voler soddisfare un capriccio di maternità, ignorando il bene del bambino che crescerebbe senza un padre. Serena tira dritto per la sua strada. Si batte per il suo diritto alla maternità, e per cambiare la legge che vieta le adozioni ai single. Ci sono tanti bambini soli e abbandonati, che avrebbero un gran bisogno di sentirsi amati.
Lei è Serena
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