Lei è Sarah. Vive a Wilmington, negli Stati Uniti. È appassionata di politica, finisce l’università, la prendono per uno stage alla Casa Bianca. È la prima transgender impiegata nella residenza del presidente. Un sogno. È il 2012. Sarah ha 22 anni. Sta lavorando a un evento per la comunità Lgbt, è indaffarata, corre, finisce addosso a qualcuno. Alza gli occhi. È un ragazzo. La guarda, sorride. Sarah è imbarazzata, abbozza delle scuse, riprende la sua corsa. Passa qualche giorno. Riceve un messaggio su Facebook. Ciao sono Andrew, l’incidente dell’altro giorno. Sarah scoppia a ridere. Si scrivono, sono in sintonia, hanno diverse cose in comune. Anche lui ha cambiato sesso, era nato donna, si trova molto più a suo agio nel corpo di un uomo. Escono a cena, si trovano, si fondono, si amano. È il settembre del 2013. Sarah e Andrew stanno insieme da un anno. Lui non si sente bene, fa dei controlli. Cancro. Sarah gli tende la mano. Questo mostro lo affrontiamo insieme, a testa alta. Passa un anno. Sarah e Andrew aspettano il responso, il medico sorride. Guarigione completa. Lacrime, urla, abbracci. Possiamo ricominciare a vivere. Ma l’idillio dura poco, Andrew ha di nuovo tosse, mal di schiena. Altre analisi. Altre attese. Altra mazzata. Il cancro è tornato. Questa volta è incurabile. Gli resta un anno di vita. Andrew crolla. Ha solo 28 anni, non può morire così. Sarah lo guarda negli occhi. Sai cosa? Ci sposiamo. Andrew scoppia a piangere, si aggrappa a quella promessa e va avanti. È l’agosto del 2014, giorno del matrimonio. Andrew è sulla sedia a rotelle, i suoi testimoni lo stanno vestendo. Ha una crisi. I medici vogliono portarlo subito in ospedale. Sarah si prepara per andare con loro. No! Andrew le stringe la mano. Ci siamo fatti una promessa, la manterremo. La cerimonia comincia. Sarah lo bacia, lui piange. Scusami, speravo di essere più in forma. Andrew muore qualche giorno dopo. Sarah McBride porta avanti la loro passione politica. È la prima transgender eletta al Senato degli Stati Uniti d’America.
Lei è Sarah
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