Lei è Samia. Nasce a Mogadiscio, in Somalia, nel 1991. È la più piccola di 6 fratelli. Il padre è fruttivendolo. Il suo paese è in guerra. Samia è una bambina gracile, ma ha due gambe agili. Corre, si allena. Sogna. Ha 10 anni. Partecipa a una gara tra ragazzi più grandi. Il papà le regala una fascia di spugna. Vai, corri, figlia mia. Senza paura. Samia corre, e arriva prima. È il 2008. Samia si sente pronta, si iscrive ai campionati africani di atletica leggera. Fa i 100 metri, arriva ultima, ma viene convocata per le olimpiadi di Pechino. Potrà rappresentare il suo paese. È un grande onore. Mancano sei mesi alle gare, Samia dovrà lavorare sodo, sputare sangue. Sa che non ha molte possibilità, ma ci prova. Si allena tutti i giorni, da sola. Corre senza velo. Ma è pericoloso. Esce di casa, la fermano ai posti di blocco. La minacciano. Se non la smetti, ti scanniamo. Samia non si ferma, si allena di notte, di nascosto. È il 19 agosto. Olimpiadi di Pechino. Samia è ai blocchi di partenza dei 200 metri. Guarda le altre. Sono allenate, muscolose, indossano tute sgargianti. Lei è magrissima, porta una maglietta bianca e dei fuseaux neri sotto il ginocchio. Sulla testa, la fascia che le aveva regalato il suo papà. Le scarpe gliele hanno date le atlete del Sudan. Samia è un fascio di nervi. Aspetta il segnale, via! Fa uno sforzo enorme, tira più che può, le altre le sfrecciano a fianco, tagliano il traguardo, lei sta ancora facendo la curva. È ultima. Il pubblico la applaude. Samia piange. È felice. Torna a Mogadiscio. Nessuno ha seguito la sua gara. Non importa, si rifarà alle olimpiadi di Londra. Mancano 4 anni. Deve solo trovare un allenatore. Può farcela. Intanto riceve nuove minacce. Deve nascondersi, lì non può più stare. Si mette in viaggio. Nairobi, Etiopia, Sudan, Libia. È il 2012. Samia ha 21 anni. Si imbarca su un gommone. La sorella è a Londra, la aspetta. Il suo gommone va in avaria. Affonda. Samia si getta in mare. Allunga una mano fuori dall’acqua. Non la afferra nessuno. Samia Yusuf Omar annega a largo di Lampedusa.
Lei è Samia
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