Lei è Oriana. Ha 28 anni. Vive a Frignano, in provincia di Caserta. È il 5 marzo. Il padre si sente male. La moglie chiama i soccorsi. Niente di grave, solo un attacco di panico, si rilassi e torni a dormire. Passano due giorni. Il padre accusa lo stesso malore, arriva l’ambulanza. Ha un infarto in corso, lo portano all’ospedale di Aversa e lo operano d’urgenza. Oriana lo raggiunge. Il medico la tranquillizza, suo padre non è in pericolo di vita. Oriana incrocia il suo sguardo sul lettino, lo saluta. A dopo papà. Passano 6 ore. L’operazione riesce. È il 13 marzo. Il padre di Oriana viene dimesso, per i medici sta bene, può continuare la convalescenza a casa. Oriana va a trovarlo, lo trova stanco, affaticato. Tempo due giorni e ha una crisi respiratoria. I medici riscontrano un’infezione dovuta alla prima operazione, devono aprirlo di nuovo. Oriana non può stare in ospedale a causa delle restrizioni dovute al coronavirus, affida il padre ai chirurghi, va a casa, si attacca al telefono, aspetta. Ci vogliono delle ore, ma l’operazione, a detta dei medici, va a buon fine. È il 19 marzo. Oriana chiama il suo papà in ospedale, vuole fargli gli auguri. Lui è agitato, gli trema la voce, lei lo tranquillizza. Tra poco ci riabbracceremo. Passa un giorno. Il padre chiama la sorella di Oriana. Aiutami tu, non sto bene, continuo a suonare il campanello, ma nessuno arriva, figlia mia, se mi succede qualcosa, fammi fare subito l’autopsia. La sorella avvisa Oriana, è disperata, contattano l’ospedale, parlano con il medico. Calma, è tutto sotto controllo. Oriana scrive al padre, ma non riceve risposta. È la mattina del 21 marzo. Squilla il telefono. Il padre di Oriana, Giuseppe Colella è morto. Non si è sentito bene, ha cercato aiuto, ma il rianimatore non sarebbe arrivato in tempo. Oriana e la sua famiglia vanno dai carabinieri e presentano una denuncia. La magistratura apre un’inchiesta e dispone l’autopsia. Oriana sta aspettando i risultati. Suo padre non doveva morire così.
Lei è Oriana
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