Lei è Negin. È solo una bambina. Il papà fa l’ingegnere, la mamma è una insegnante di yoga. Vivono in Iran. I genitori non amano le regole rigide del regime teocratico. Negin cresce con una educazione laica, lontana dai precetti religiosi. È una bella ragazza. Posa per delle foto di moda, le pubblica su Instagram. Il suo nome d’arte è Negzzia. È una donna libera e ribelle, non si fa mettere in catena dai guardiani della virtù. Negzzia fa quello che vuole, ma è imprudente. Finisce nel mirino degli scagnozzi del regime. Rischia l’arresto. L’aspetta la prigione, e le frustate. La polizia è sulle sue tracce. Negzzia è costretta a lasciare la sua famiglia. Scappa. Si salva per miracolo, si rifugia in Turchia, a Istanbul. Posa per alcuni fotografi, si spoglia, sfoggia la sua carne nuda ricoperta di tatuaggi. Non è più in Iran, ma è pur sempre in un paese dove le donne indossano il burkini. A lei sta decisamente stretto. Negzzia non vuole rinunciare ai suoi sogni. Salta il fosso, parte in cerca di fortuna. Arriva in Francia, a Parigi. Non conosce nessuno. Grazie all’amicizia con un uomo della sicurezza, riesce ad assistere a una sfilata di moda. Negzzia è incantata. È il suo mondo, la sua vita. Deve rimanere a Parigi, costi quel che costi. Negzzia presenta la domanda per il riconoscimento dello status di rifugiata. Ma ci vuole tempo. Intanto finisce nella terra di nessuno. La ricattano. Vuoi un lavoro? Devi scoparti qualcuno. Altro giro altra offerta. Perché non fai la escort? Negzzia rifiuta. Non sono venuta a Parigi per fare la prostituta. Vende la sua borsa, le danno 10 euro, si compra da mangiare. Per dormire si arrangia. La prima notte in strada è dura, la seconda va un po’ meglio. Negzzia stringe i denti, ce la farà. Tocca con mano la solidarietà tra senzatetto. Cammina sul filo. Posa per qualche servizio, aggiorna Instagram, prova a resistere fino a quando la domanda d’asilo verrà accolta. Allora potrà realizzare il suo sogno.
Lei è Negin
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