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Lei è Maya

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  • Malattia, Politica, Storie

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  • 13 Settembre 2020

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Lei è Maya. Vive ad Aleppo, in Siria. A causa di una malattia genetica è nata senza gambe, proprio come il padre. La famiglia non può permettersi delle protesi, Maya passa le sue giornate chiusa in casa. Il papà si prende cura di lei, la fa giocare, le racconta le storie, cerca in tutti i modi di non farla sentire diversa. È il 2018. Maya ha 8 anni. Nel paese dilaga la guerra, le bombe cadono dal cielo, Aleppo è un cumulo di macerie. La casa di Maya è distrutta, restare in città è pericoloso. Lei e la sua famiglia fuggono, trovano rifugio nel campo profughi di Idlib. Dormono per terra, in una tenda. Il centro è pieno di bambini che giocano, Maya li osserva, vorrebbe tanto unirsi a loro. Si trascina con le braccia e striscia per terra, ma non c’è il pavimento liscio come a casa. I sassi sono appuntiti, è pieno di fango e polvere. Maya si guarda le mani, sono ricoperte di graffi. Si ferma, non ce la fa. Il padre osserva la scena, ha il cuore a pezzi. Deve trovare un modo per aiutare la sua bambina. Recupera due scatole di latta, ci monta sopra della plastica, ammorbidisce le estremità con della stoffa. Maya, tesoro mio, adesso il papà farà una magia. La prende in braccio, fissa i barattoli ai moncherini con lo scotch. Ecco tesoro, adesso puoi andare. Maya lo guarda incredula. Davvero? Prova a tirarsi su. Cade. Riprovaci. Maya perde l’equilibrio. Forza piccola mia, io sono qui con te, non ti lascio. Maya si aggrappa alle mani del suo papà. Fa un passo, poi un altro. Papà, sto camminando! L’uomo sta piangendo. Maya si mette d’impegno, è in grado di muoversi da sola. Raggiunge gli altri bambini. Posso giocare con voi? La mattina si alza presto e va a scuola. Impiega più degli altri ad arrivare, ma non le importa. È felice. Passano i giorni. Al campo profughi si presentano dei medici. Cercano proprio lei. Hanno saputo della sua storia, vogliono aiutarla. Una clinica di Istanbul si è offerta di realizzare delle vere protesi. Maya scuote la testa. Ma io ho già le gambe, me le ha fatte il mio papà. L’uomo la abbraccia. Tesoro mio, queste saranno ancora più belle.

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