Lei è Marta. Vive a Roma. Ha 28 anni. Lavora come commessa in un negozio. Entra un ragazzo, cerca un cappellino. Marta lo guarda negli occhi. Sono buoni, dolci, ci si perde. Sorride. Lui arrossisce e scappa via. Il giorno dopo è di nuovo lì. Si chiama Stefano. Escono, parlano del passato, del futuro, di tutto. Marta si apre in modo naturale, istintivo. È bellissimo. Cerca di stare con i piedi per terra, ma il sentimento che prova impone di essere vissuto, subito, fino in fondo. Io abito da sola, cosa ne dici di venire a stare da me? Mentre pronuncia quelle parole si sente una matta, Stefano deve esserlo ancora di più. È il 2020. Trascorrono il lockdown insieme. Si scoprono un po’ alla volta, ma è come se si conoscessero da sempre. Fanno gli origami, Marta la butta lì. Se sfanghiamo questa convivenza, ci sposiamo. Stefano ride, si baciano. Passano i mesi. L’Italia riapre. Marta e Stefano riprendono a lavorare, ma qualcosa non va. Stefano è stanco, sente un formicolio al viso. Vanno in ospedale. I medici sono dispiaciuti, ha la sclerosi multipla. Marta sente la terra tremare sotto i piedi. Le scorrono davanti tutte le immagini di quell’amore dirompente, viscerale, fuori da ogni logica. Stefano intanto abbassa lo sguardo. Tranquilla, vivi la tua vita, non voglio e non posso essere egoista. Marta gli tocca la fronte. Forse il sole ti ha dato alla testa, questa cosa la affrontiamo in due, fine della discussione. Stefano ha bisogno, Marta ci dev’essere, e c’è. Lo incoraggia quando rischia di perdere il lavoro, si arrabbia quando viene privato dei suoi diritti. Non perde una terapia, si aggrappa alla ricerca, legge le analisi, chiede, impara a trovare spiragli nei muri più alti, a combattere le difficoltà con il sorriso. Guarda oltre i limiti e scorge un mare di opportunità. Si scopre più ricca, più matura, più forte. Quando il futuro la spaventa, stringe la mano del fidanzato e lo affronta di petto. Qualche giorno fa erano in terrazza, immersi in un cielo sconfinato, Stefano le ha chiesto di sposarlo.
Lei è Marta
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