Lei è Mara. Vive a Bologna. Il padre è un profugo etiope, Mara frequenta le Elementari, è lo zimbello della classe. La tua pelle scura ci fa schifo. Lei ingoia, non risponde. Torna a casa, il padre ha bevuto, è incazzato, la prende a sberle. Mara trattiene le lacrime, si chiude in camera, dalla parete sente le urla della madre che tenta di difendersi. Si tappa le orecchie. Aspetta che tutto sia finito e corre dalla sua mamma. La trova coperta di sangue, la carne piena di lividi. Le tende la mano, la accompagna in ospedale. Mara cresce, ha 14 anni. Il padre molla baracca e burattini e se ne va con un’altra donna. L’inferno è finito! Mara dovrebbe sentirsi sollevata, ma prova tanta tristezza. Si iscrive a una scuola di moda, sogna di fare la stilista. Passa la giornata a studiare, la sera si siede a tavola, ha fame. Per cena non c’è niente. La madre non ha un soldo, piange disperata. Mara accantona i suoi sogni, molla la scuola e si rimbocca le maniche. Accetta i lavori più umili, qualunque cosa pur di pagare le bollette. Rinuncia a qualsiasi divertimento, ma non basta a far quadrare i conti. Arriva lo sfratto. La madre inizia a prostituirsi, il fratello si droga, la sorella scappa con un uomo. Mara osserva la sua famiglia colare a picco. Impotente. Comincia a viaggiare, si mantiene con dei lavoretti, studia recitazione. Fa provini, foto, concorsi in giro per l’Italia. Sogna una carriera. Trova solo merda. O apri le cosce, o per te non c’è posto. Mara è schifata. Non possiede nulla, ha solo la sua integrità. Non scende a compromessi. Ricomincia da capo. Per sbarcare il lunario fa la ballerina nei locali, dorme in macchina finché non guadagna abbastanza da pagarsi un affitto. Tutto il resto lo dà alla madre. Ha 35 anni. Riprende in mano gli studi, si diploma, trova lavoro in Comune, si laurea. Mara ce l’ha fatta, si è tirata fuori da quello schifo, vive in modo umile, con quello che guadagna. Lei si è salvata, la madre e i fratelli no. Quel pensiero la distrugge, Mara avrebbe voluto fare di più.
Lei è Mara
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