“Ho la fibrosi cistica, il diabete, e ho sconfitto il cancro tre volte.
La malattia mi pone dei limiti, ma sono le persone a preoccuparmi di più.
Posso camminare sulle mie gambe, ma respiro male perché ho i polmoni compromessi, per questo ho il tagliando invalidi per l’auto.
Quando parcheggio nel posto riservato, capita di sentirmi dire che siccome non sono in carrozzina, non sono una vera invalida.
Come ci fossero disabili di serie a e serie b.
Una volta ho lasciato l’auto in un posteggio a pagamento, ma gratuito per chi ha disabilità.
Basta andare in biglietteria, mostrare il tagliando e farsi rimborsare.
Ho chiesto come fare nel caso avessi trovato chiuso.
Risposta: “Se arrivi dopo l’una di notte non è più gratis, un disabile a quell’ora deve essere già a casa”.
A un concerto ho domandato al ragazzo all’ingresso se io e il mio accompagnatore potevamo passare dato che ho la precedenza.
Mi ha squadrata da capo a piedi: “No, gli invalidi sono quelli in sedia a rotelle, e tu non lo sei!”
Credo che il problema più grosso di questi tempi sia la mancanza di empatia. Il pensiero di molti è: se una cosa non mi tocca, non mi interessa.
L’umanità, la compassione, lo sforzo di capire chi abbiamo di fronte, è ridotta ai minimi termini.
Questo mi fa paura.
Non sarebbe più semplice e più bello ascoltare, e provare a mettersi nei panni dell’altro?”
La malattia mi pone dei limiti, ma sono le persone a preoccuparmi di più.
Posso camminare sulle mie gambe, ma respiro male perché ho i polmoni compromessi, per questo ho il tagliando invalidi per l’auto.
Quando parcheggio nel posto riservato, capita di sentirmi dire che siccome non sono in carrozzina, non sono una vera invalida.
Come ci fossero disabili di serie a e serie b.
Una volta ho lasciato l’auto in un posteggio a pagamento, ma gratuito per chi ha disabilità.
Basta andare in biglietteria, mostrare il tagliando e farsi rimborsare.
Ho chiesto come fare nel caso avessi trovato chiuso.
Risposta: “Se arrivi dopo l’una di notte non è più gratis, un disabile a quell’ora deve essere già a casa”.
A un concerto ho domandato al ragazzo all’ingresso se io e il mio accompagnatore potevamo passare dato che ho la precedenza.
Mi ha squadrata da capo a piedi: “No, gli invalidi sono quelli in sedia a rotelle, e tu non lo sei!”
Credo che il problema più grosso di questi tempi sia la mancanza di empatia. Il pensiero di molti è: se una cosa non mi tocca, non mi interessa.
L’umanità, la compassione, lo sforzo di capire chi abbiamo di fronte, è ridotta ai minimi termini.
Questo mi fa paura.
Non sarebbe più semplice e più bello ascoltare, e provare a mettersi nei panni dell’altro?”
Lei è Lucia, ha 31 anni, vive a Genova.