Lei è Luana. Vive a Cesena, in Emilia-Romagna. Ha 26 anni. Fissa il test di gravidanza, piange di gioia. I mesi scorrono sereni, la pancia cresce, Luana non vede l’ora di conoscere la sua piccola. È il 2018. Luana è al mare con il compagno. D’improvviso è assalita dall’ansia, prova a ignorarla, non ci riesce. Corre in ospedale. L’espressione dei medici le gela il sangue. Deve partorire, subito! Luana si sente morire. Non può farlo, la sua bambina è così piccola. Non fa in tempo a dire una parola che è già in sala parto. Quando riprende i sensi il suo pensiero è subito lucido. Dov’è Nicole, dov’è mia figlia? Il silenzio è straziante. La bambina è già in terapia intensiva. Il compagno mostra una foto rubata. Luana prega che sia un incubo. Nicole è ricoperta di fili e tubi, è così piccola da stare sul palmo della mano. I medici dicono che ha poche possibilità. Luana si rifiuta di accettarlo. Passa le giornate accanto alla sua piccola, canta, racconta dei nonni, di come è bello il mare, del mondo meraviglioso che la attende. I corridoi sono pieni di mamme che tornano a casa con i loro bambini. Luana aspetta con il cuore che sanguina. Intanto i mesi passano. Nicole aumenta di peso, poco alla volta apre gli occhietti, non sembra aver riportato alcun danno. Luana invece è a pezzi. Si tormenta con mille domande, è divorata dai sensi di colpa. Non ha portato a termine la gravidanza, non ha protetto sua figlia. Si sente una fallita. È giugno. Luana è a casa, sta tirando il latte, si prepara a un altro giorno con il fiato sospeso. Squilla il telefono, è l’ospedale. Luana allunga la mano, trema all’idea di sentire quelle terribili parole che ogni notte la tengono sveglia. Risponde, trattiene il respiro. Signora, è pronta a portare a casa la sua bambina? Luana chiede di ripetere. Piange, non capisce più niente, il suo corpo si muove da solo. Corre a perdifiato. La sua piccola guerriera ha il sorriso più bello della terra. Luana la prende in braccio e la porta a casa.
Lei è Luana
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