Lei è Karington. Ha 12 anni. Vive in Florida, negli Stati Uniti. È mattina. Karington chiacchiera in corridoio con le compagne di scuola. D’improvviso sente delle urla, si guarda intorno, vengono dall’aula a fianco. Karington è curiosa, sbircia dentro. Un ragazzo sta facendo degli strani versi, muove le mani a scatti, come fosse una marionetta. I compagni lo indicano e ridono. Anche a lei scappa un sorriso. Passa qualche giorno. Karington sta andando in mensa. Incrocia la classe di quel ragazzo. D’istinto lo cerca con lo sguardo, lo vede camminare tranquillo, poi dal nulla la sua bocca si storta. Il ragazzo urla, straparla, sembra un matto. I compagni si sganasciano dalle risate, gli fanno il verso, lo sfottono. Karington è scioccata, corre dalla sua insegnante. Maestra cosa succede, perché quel ragazzo si comporta così? La donna spiega che è colpa della sindrome di Tourette. Karington sgrana gli occhi. La sindrome di cosa? È una malattia, colpisce il cervello e costringe le persone a fare cose che non vogliono. Karington resta in silenzio. Passa qualche giorno. È in classe, sente di nuovo quelle urla, si precipita nell’aula vicina. Sgrana gli occhi. Il ragazzo è a terra. Le sue gambe, le sue braccia si muovono a scatti. I compagni ridono. C’è chi lo indica, qualcuno fa finta di niente, altri scattano delle foto. Karington resta sulla porta per qualche secondo, poi entra. Si fa largo tra gli studenti, raggiunge il ragazzo al centro della stanza. Si sdraia al suo fianco, e lo abbraccia. Stai tranquillo, non preoccuparti, ci sono io. Le risate cessano, nell’aula cala il silenzio. Il ragazzo continua a contorcersi, Karington lo tiene stretto, gli parla, fino a quando il suo corpo inizia a rilassarsi. È finita. Il ragazzo si mette a sedere, la guarda negli occhi. È stupido, confuso, imbarazzato, borbotta un grazie. Karington gli passa una mano sulla guancia e gli asciuga le lacrime.
Lei è Karington
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