Lei è Karen. Nasce in Danimarca nel 1885. Cresce tra agi e lussi, è la cocca di papà. Insieme inventano storie, si perdono nella natura, sognano. Ma ogni tanto lo sguardo di papà è strano, assente, malinconico. Karen ha 10 anni. Il suo papà si toglie la vita. Il dolore le mozza il respiro. Ha perso il suo migliore amico, il suo faro, la sua gioia. La mamma prende le redini della famiglia. Tutto cambia. L’educazione è rigida. La sera si mangia pane e latte, poi di corsa a letto. Karen si rifugia nella sua fantasia. Inventa storie, le ripassa in testa sotto le lenzuola, poi le annota su un quaderno. Un giorno il suo prezioso diario finisce nella mani della madre. Karen ha una paura folle. Bambina mia, hai talento, coltivalo, sarà la tua salvezza. Karen
piange di gioia. Si iscrive all’accademia di Belle Arti. Si innamora. Il giovanotto si chiama Hans, ed è suo cugino. Lui però non vuole saperne niente. Karen si consola tra le braccia di Bror, il gemello. È il 1913. Karen e Bror hanno molte cose in comune. Entrambi detestano le chiacchiere da salotto, le vite sempre uguali dei nobili. Comprano una piantagione di caffè a Nairobi. È un salto nel vuoto, ma non vedono l’ora. Karen è rapita dal respiro immenso del cielo africano, dai suoi colori. Ama il Kenya, la sua gente, i safari, la natura cruda e selvaggia. Passa anni felici, poi qualcosa cambia. Bror è distaccato, la tradisce, le attacca la sifilide. Divorziano. Bror abbandona la piantagione. Karen non può, non ci riesce, è la sua ragione di vita. Frequenta un vecchio amico. Si chiama Denys, è affascinante come un dandy. Vorrebbe creare un nuovo tipo di safari, sostituire la macchina fotografica al fucile per proteggere le specie più deboli. Karen si innamora. Vivono insieme, e ritrova il sorriso. È il 1931. Denys muore in un incidente aereo. Karen è di nuovo sola, e distrutta. La sua piantagione sta fallendo. Con la morte nel cuore decide di tornare a casa. Il mal d’Africa però la tormenta. Karen ripensa alle parole della mamma. Si siede alla scrivania. Comincia a scrivere La mia Africa.
piange di gioia. Si iscrive all’accademia di Belle Arti. Si innamora. Il giovanotto si chiama Hans, ed è suo cugino. Lui però non vuole saperne niente. Karen si consola tra le braccia di Bror, il gemello. È il 1913. Karen e Bror hanno molte cose in comune. Entrambi detestano le chiacchiere da salotto, le vite sempre uguali dei nobili. Comprano una piantagione di caffè a Nairobi. È un salto nel vuoto, ma non vedono l’ora. Karen è rapita dal respiro immenso del cielo africano, dai suoi colori. Ama il Kenya, la sua gente, i safari, la natura cruda e selvaggia. Passa anni felici, poi qualcosa cambia. Bror è distaccato, la tradisce, le attacca la sifilide. Divorziano. Bror abbandona la piantagione. Karen non può, non ci riesce, è la sua ragione di vita. Frequenta un vecchio amico. Si chiama Denys, è affascinante come un dandy. Vorrebbe creare un nuovo tipo di safari, sostituire la macchina fotografica al fucile per proteggere le specie più deboli. Karen si innamora. Vivono insieme, e ritrova il sorriso. È il 1931. Denys muore in un incidente aereo. Karen è di nuovo sola, e distrutta. La sua piantagione sta fallendo. Con la morte nel cuore decide di tornare a casa. Il mal d’Africa però la tormenta. Karen ripensa alle parole della mamma. Si siede alla scrivania. Comincia a scrivere La mia Africa.