Lei è Kanya. Vive in un orfanotrofio della Thailandia. Ha 5 anni. Non ha ricordi della sua mamma e del suo papà, non riesce nemmeno a immaginare le loro facce. Le hanno raccontato che quando è nata, quei due l’hanno avvolta in fasce e abbandonata sulle scale di un tempio buddista. Kanya si macina dentro. Come hanno potuto? Perché lo hanno fatto? Gli altri bambini non hanno dubbi. Guardati, ti mancano le gambe, cosa dovevano farci con una così? Kanya ingoia, passa le sue giornate a guardare fuori dalla finestra. Piange. Un giorno arriva una coppia americana. Vogliono proprio lei. Kanya vola a Los Angeles, ora ha una famiglia. Mamma e papà sono fantastici, le comprano una carrozzina per andare a scuola. I compagni sono spietati, le danno del mostro, gli insegnanti la compatiscono. Kanya ha la pelle dura. Cresce. Acchiappa lo skateboard di un amico. Ci sale sopra, spinge con le mani, imbocca una discesa a tutta velocità. Non riesce a frenare, si butta, rotola nell’erba, ride a crepapelle. Non si è mai sentita così viva. Si allena tutti i giorni, la tavola da skate diventa parte del suo corpo. Ha 16 anni. Mentre sfreccia a tutta velocità, attira l’attenzione di un fotografo. L’uomo si avvicina. Ti piacerebbe farmi da modella? Kanya lo guarda storto. Mi stai prendendo in giro? I suoi dubbi, la sua insicurezza, svaniscono nel momento esatto in cui monta sopra lo skate. Succede qualcosa di incredibile. Le ruote prendono a girare veloci sull’asfalto e lei si trasforma, si sente un’altra, diversa. È come una magia. L’uomo scatta. Kanya guarda le foto, e per la prima volta si osserva da un’altra prospettiva. Non vede una poveretta senza gambe, ma una ragazza tosta, bella e felice. È una iniezione di adrenalina alla quale Kanya si aggrappa per alzarsi e cambiare per sempre il corso della sua esistenza. Il tempo passa. È il 2019. Kanya ha 27 anni, è diventata una ragazza indipendente, una skater professionista, fa la modella, ha trovato un fidanzato. Fa un viaggio, torna in Thailandia. La prima tappa è il tempio buddista dove tutto ebbe inizio. Kanya si siede su quelle scale. Ripensa alla sua vita, alle etichette, agli insulti, alle montagne che ha dovuto scalare, a mani nude. Sorride.
Lei è Kanya
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