La storia continua nel mondo di Wolford
Lei è Joséphine. Nasce a Saint Louis, Stati Uniti, nel 1906. Il padre è un musicista squattrinato, si sposta di città in città, un bel giorno non torna più. La madre si rimbocca le maniche. Joséphine ha 8 anni, gira per le strade vestita di stracci, canta, muove mani e piedi, i passanti le fanno i complimenti, lasciano qualche monetina. Joséphine corre a casa entusiasta. Mamma diventerò una ballerina e ti comprerò tanti regali. Si becca uno schiaffo. Non dire sciocchezze e pensa a lavorare! Joséphine fa le pulizie nelle case dei bianchi. La sua padrona la tratta peggio di uno straccio. La insulta, la picchia, e quando sbaglia, le prende la mano e gliela tiene sul fuoco. Joséphine piange dalla rabbia. La sera rientra a casa, fissa la madre negli occhi, la sfida. Non sarò mai più la serva di nessuno. Si piazza agli angoli delle strade, balla, canta per pochi centesimi. Si sente libera. Ha 13 anni. Il proprietario di un club la fa esibire nel suo locale. La madre va a vederla, alla fine le dice che la trova ridicola. Joséphine non arretra. Va in scena ogni sera. Le coreografie non le entrano in testa, ma non si dà per vinta. Improvvisa, muove i fianchi, e il pubblico impazzisce. È il 1925. Le propongono una tournée a Parigi, Joséphine prepara subito la valigia. Sale sul palco del Teatro degli Champs-Elysées, indossa un gonnellino fatto di banane. Si alza il sipario, parte la musica. Joséphine si lancia in un folle charleston e mette tutti al tappeto. Da quel momento è la Venere nera. L’Europa cade ai suoi piedi, più di mille uomini chiedono la sua mano, uno si toglie la vita, due si sfidano a duello. La sua danza a seni nudi ammalia, seduce, fa scalpore. In America la considerano una poco di buono, ma non possono più ignorarla, la gente la acclama. Joséphine rifiuta di esibirsi nei posti dove non sono ammessi i neri. È il 1947. Sposa un direttore d’orchestra, compra un castello in Francia, adotta dodici bambini. Marcia al fianco di Martin Luther King, danza contro la segregazione e il razzismo. Joséphine Baker è una diva, una dea, una bambina vestita di stracci, affamata di libertà.