Lei è Jean. Vive a Trussville, negli Stati Uniti. Ha lavorato tutta la vita in un salone di bellezza, si è sposata, ha messo al mondo tre figli, è diventata una nonna felice. All’alba dei novant’anni, desidera soltanto una cosa, godersi la famiglia. È il 2014. Il figlio più grande muore in poco tempo per un’insufficienza renale. Jean è distrutta. Non mangia, non dorme, non riesce a riempire la voragine che si è aperta dentro il suo corpo. È il 2018. Jean ha 92 anni. Non cammina, vive attaccata all’ossigeno. Ha la stessa malattia del figlio. I medici le danno due settimane di vita. La famiglia è disperata. Jean chiude gli occhi, spera che finisca presto. Passano i giorni. Una nipote va a farle visita. Nonnina, volevo dirti addio con una bella notizia, sono incinta, aspetto una femminuccia, le darò il tuo nome e spero che la proteggerai da lassù. Jean spalanca gli occhi. Solleva una mano, la posa sulla pancia della nipote. Sente una scossa, il suo corpo freme di vita. La sera stessa mangia con gusto, ha fame, sete, tutto sembra più bello, l’aria che viene dalla finestra è una carezza per il cuore. Jean chiama la nipote ogni giorno, vuole sapere come sta, cosa succede, la piccola si muove? Non vede l’ora di stringerla tra le braccia. I familiari non vogliono darle false speranze, le ricordano la situazione. Jean chiama la parrucchiera, deve farsi trovare in ordine. È emozionata, entusiasta, conta i giorni sul calendario. Due settimane, poi tre, quattro. La data degli addii è passata da un pezzo. I medici sono allibiti. Signora, gli esami sono buoni, se continua così non avrà più bisogno dell’ossigeno. Jean ascolta appena, sfoglia una rivista, cerca un bel regalo. È il gennaio del 2019. Jean è sulla sedia a dondolo. La porta si apre. La nipote stringe tra le braccia un fagottino. Jean balza in piedi. Caccia indietro il deambulatore, supera il bastone. Avanza un passo alla volta. Le braccia tese, le lacrime agli occhi. Appoggia la bambina al petto. E rinasce.
Lei è Jean
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