Lei è Feramis. Vive a Firenze. È una bambina curiosa, parla tanto, vuole fare questo e quest’altro. La bloccano. Tesoro, sei in carrozzina, non puoi. Feramis sbuffa. L’ha capito che per colpa di una stramaledetta malattia rara le sue ossa sono fragili e ogni movimento può costarle caro, ma non vuole che siano gli altri a decidere per lei. Anche a scuola non fanno che ripeterle di stare buona e tranquilla. Non puoi giocare, stai seduta e disegna. Feramis piange lacrime di rabbia. Per fortuna c’è nonno Mario. Nel weekend giocano ai videogames, girano filmini, ne combinano di ogni. Feramis urla a squarciagola, ride, dimentica carrozzina, malattia, tutto, si sente viva. Passano gli anni. Feramis subisce più di venti interventi. Ci scherza su. Ho lo scheletro in titanio come Wolverine! Riceve sorrisi di compassione e una carezza sulla testa. Feramis va in bestia, ma nessuno la prende sul serio. Cresce, si diploma, vorrebbe fare l’università. Si leva un coro. No, è troppo lontana da casa. Feramis si morde la lingua. Cerca lavoro. Il curriculum è invidiabile ma… c’è sempre quel maledetto ma. A volte in bocca a dei cafoni. Signorina, ci dispiace, non ha la bella presenza di una donna normale. Feramis si guarda allo specchio e riempie di insulti quella tizia che la sta fissando. Hanno ragione, sei solo un fastidio, perché non ti togli di mezzo? Si blocca. Non può credere di averlo anche solo pensato. Urla a squarciagola come faceva con il nonno. Fuori tutto, finché al posto della rabbia sorge un sorriso, e tanta voglia di libertà. Apre la porta di casa. Mamma, papà vado a vivere da sola. Trova un appartamento, lo arreda con le sue forze, il giorno in cui ci mette piede è il più bello della sua vita. Oggi Feramis ha 32 anni, è autonoma, indipendente come donna, disabile ed essere umano. Ogni giorno prende il bastone e va con le sue gambe a fare la spesa, esce con gli amici, progetta viaggi, a breve inizierà a lavorare. Se ci pensa ha una strizza pazzesca, ma che nessuno osi dirle che non può.
Lei è Feramis
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